Walter Chiari

 

Non è per sminuire certi comici alla moda, ma oggi per fare un Walter Chiari, di Aldo, Giovanni e Giacomo ce ne vorrebbero almeno trenta.

Era un genio dell’umorismo il Walter, e poi conduttore, intrattenitore, showman, attore di rivista e di cinema, lasciando perdere il pugilato che fu la sua passione giovanile, poliedrico anche geograficamente, visto che era nato a Verona, da famiglia pugliese, ma era sempre vissuto a Milano.

Troppo presto è scomparso dal video e dal palcoscenico, sembrava avesse la vocazione all’ autolesionismo, buttando via un talento inarrivabile, come scrisse Indro Montanelli nel suo affettuoso necrologio in memoria dell’amico scomparso.

Prematuramente, si potrebbe aggiungere, anche se il Walter, a sessantasette anni era già morto da un pezzo, travolto da una vita spremuta più di un limone.

Sono un cicalone, ammetteva, sbirciando nell’estratto conto, che ha ballato per molte estati.

Ha fatto costruire più case di un palazzinaro, per poi regalarle tutte, alla mamma e ai fratelli, agli amici, ma anche a gente conosciuta dieci minuti prima.

Per tacere della beneficenza: in ogni occasione luttuosa il suo assegno, sostanziosissimo, era il primo ad arrivare nelle redazioni dei giornali.

Perbacco, se ne sono passati di soldi attraverso quelle mani senza fondo.

Nel 1946 quando esordì nel cinema con ‘Varietà’ prendeva già venticinque milioni a film, un miliardo nel 1991, l’anno in cui morì.

Se si pensa che di film ne ha interpretati un centinaio, il conto è presto fatto.

Se circondava di ragionieri pirati, ma lui ci metteva del suo e la miscela di disonestà e megalomania si trasformava inesorabilmente in un’Hiroshima finanziaria.

Ma dei quattrini in fondo non gli importava nulla.

Mi bastano gli amici, ripeteva sempre.

Walter Chiari
Walter Chiari

Infatti per tirar tardi con un compagnone di zingarate era capace di rimandare una cena a lume di candela con una sventola di ballerina.

Non deve essere mai andato a letto prima delle tre, anche per colpa delle sue donne, trafitte dal più irresistibile rubacuori d’Italia.

La prima era stata Maria Maresca, che nel 1944 al ventenne giovane brillante offrì il nome in ditta e qualcosa di più in privato.

Poi venne Lucia Bosè, e per amor suo il Walter volava tutti i giorni da Cinecittà a Milano, vincendo il terrore dell’aereo.

Quindi la tempestosa (aggettivo che solo pallidamente rende l’idea) relazione con Ava Gardner, e si vi riesce trovatene un’altra più bella.

Poi via via toccò a Elsa Martinelli, Maria Gabriella di Savoia (ma qui è d’obbligo il beneficio del dubbio), Alida Chelli (l’unica moglie, che gli diede anche l’unico figlio), Gloria Guida, Anna Maria Rizzoli, Patrizia Caselli.

Chiedendo scusa a tutte quelle ignorate da un albo d’oro troppo sintetico per essere autentico.

I soldi gettati al vento sono nulla al cospetto del talento sprecato sulla scena e sullo schermo.

Era un geniaccio che sarebbe potuto diventare un Gassman o un Mastroianni, per restare ai grandissimi di quell’irripetibile generazione, se non avesse dilapidato tutto.

Se comunque teatro e tv (chi non ricorda l’irresistibile sketch del ‘Sarchiapone’ o certe sue chilometriche barzellette?) hanno saputo estrarre il meglio da quell’inesauribile miniera, il cinema ne ha abusato in modo indecente.

Ci ha provato Blasetti a dargli una chance con ‘Bellissima’ a fianco della Magnani, in un ruolo di cinico sfruttatore, che se rendeva finalmente merito alla sua bravura  ben poco aveva da spartire col Walter Chiari ingenuo e sfruttato della realtà.

Il solo che l’ha capito e gli ha costruito un tenero personaggio su misura è stato Dino Risi, anno di grazia 1963, nel delicatissimo ‘Il giovedì’.

Lì nei panni di padre separato che soltanto una volta la settimana può vedere il figlio e in quell’unico giorno cerca di conquistarne l’amore, c’è tutto Walter Chiari.

Malinconico e arruffone, sbruffone e incompreso, facilone e generoso, candido e adorabile.

Impossibile non volergli bene.

Massimo Bertarelli