Un caso di inflazione incontrollata

Anni lontani

“Testa da parrucchiere!”

 

 

Arrivato in città verso la fine degli anni Cinquanta dalla natia provincia della ‘Bassa’, brillante, vivace, attivo e furbo quale era, Aristide D., messa in piedi nel circondario una fabbrichetta, non fece punto fatica ad affermarsi tanto che già un decennio dopo era tra i più noti e considerati piccoli industriali della zona.

Pronto alla battuta e al sorriso come al malumore e ad un’ira apparentemente incontrollata e invece sapientemente  dominata ed usata, d’istinto il Nostro sapeva distinguersi in qualsivoglia compagnia e così gli era riuscito di fare anche tra i molti che, come lui ed io che colà ebbi modo di diventarne sodale, frequentavano assiduamente la vecchia barberia a suo tempo collocata sotto i portici che, dalla piazza, si allungano verso il nuovo centro commerciale.

Lotta dura, ogni giorno, quella portata avanti da Aristide con i tre barbitonsori delle cui capacità intellettive e della cui brillantezza intellettuale non aveva molta considerazione se è vero come è vero che quando proprio voleva insultare qualcuno era “Testa da parrucchiere!”che gli gridava a piena gola

Buono come il pane sotto la burbera scorza, non gli riusciva di veder soffrire ed era sempre pronto ad aiutare chiunque gli si rivolgesse in cerca di sostegno o di aiuto, disponibilissimo in ogni momento con grande generosità a mettere mano al portafoglio per un prestito la cui restituzione non gli sarebbe, di poi, mai venuto in mente di sollecitare.

Fu proprio la generosità a metterlo nei guai (e del fatto fui testimone) nei riguardi di un nutrito gruppo di persone che, come lui, avevano l’abitudine di frequentare con una qualche continuità le due o tre ‘allegre signorine’ gravitanti nel centro e a tutti ben note perché disponibili, a pagamento, per un’ora d’amore.

Passavo un giorno davanti al caffè S. quando lo sguardo mi corse su Aristide che ne usciva indietreggiando ed insieme inveendo quasi assalito come era da un certo numero di facinorosi che, per il momento solo a parole, lo investiva avendo evidentemente molto da rimproverargli.

Riuscito che fui, con altri, a sottrarlo alle ire di quelle furie, gli chiesi ragione di tanto livore.

“Che vuoi”, mi rispose scrollando la testa in segno di compatimento nei riguardi di quei suoi contestatori, “Dicono che rovino la piazza, che ho provocato il rialzo dei prezzi.

Fatto è che da qualche tempo, quando le donnine che tu sai, finita la prestazione, mi chiedono il pagamento della solita cifra, cinquantamila lire, io glie ne do almeno il doppio.

Come fanno quelle poveracce a vivere sennò?”

Altro che inflazione controllata: in città, Aristide imperante, le tariffe delle ‘signorine’ erano aumentate addirittura del cento per cento!

Mauro della Porta Raffo