“Scrittura di carne, incisa nel legno…”

Hemingway visto da Michele Fazioli

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Scrittura di carne, incisa nel legno di un ruvido vitalismo, dialoghi scattanti e serrati  e improvvise pause di luci e scorci, sequenze di un film di John Ford, taglio americano diretto ma con incursioni calde e buone, nel vino nostalgia di scaglie di vita vera, di una donna.

E così via.

Si potrebbe andare avanti a lungo  a illustrare la fisicità sensitiva e lo struggimento del dettaglio nella scrittura di Ernest Hemingway.

Hemingway mi soggiogò quand’ero ragazzo, forse anche perché un insegnante avveduto me lo aveva fatto amare ma poi anche perché il suo machismo malinconico, la sua smania d’avventure acri ed esotiche e i ritmi nuovi della sua prosa diretta appagavano l’inquietudine desiderosa della nostra età.

Ebbi altre conferme anni dopo – poi, naturalmente nella vita si prendono anche altre piste – nei libri e in tante cose.

Ma il vecchio, caro H. resta un amico forte.

Non si può negargli il nitore di una prosa originalissima e nuova, di una sobrietà scarna scandita da una musicalità, da un impressionismo di luci, odori, piogge, bevute.

E ritmo: un ritmo spesso quasi sincopato, da blues, da ballata dolcemente ossessiva.

Ernest Hemingway
Ernest Hemingway

Hemingway fa cantare la pagina, la sgrezza e la scolpisce con scalpello sicuro.

L’attivismo rude di grandi cacce, pesche pazienti, corride, guerre odorate, amori bruciati si sospende molto spesso in cambi di velocità, quando irrompono nella scrittura spedita e tramata di dialoghi, come un’incursione armoniosa, luci, grandi alberi, colline e pianure, paesaggi più remoti: spesso lo sguardo si alza di là dal lago, di là dagli alberi, di là dalle colline, di là dalle ultime montagne azzurrine, oltre l’orizzonte: quante volte H., in tutti i romanzi, guarda ‘di là’, come a cercare una quiete misteriosa e ineffabile al suo male di vivere lenito in vita dall’alcol, dalle emozioni forti, dalla natura difficile e maestosa, dalle donne lasciate e  perdute!

Qualcosa comunque forse si salverà:

“…Ora a guardare dal corridoio fra gli alberi al di sopra della piccola valle il cielo percorso da nubi bianche sospinte dal vento, amavo tanto questo paese da sentirmi felice come ci si sente quando si è stati con una donna che si ama veramente….e se ne vuole sempre di più, per avere questo  ed essere, e viverci dentro, per possederlo ora di nuovo e per sempre, per questo lungo e così rapidamente terminato ‘sempre’: e il tempo diviene immobile, tanto immobile talvolta che, dopo, ci attendiamo di sentirlo muoversi, ed è così lento a ripartire.

Ma non si è soli, perché se hai amato davvero con felicità e senza tragedie, lei ti ama sempre.

Chiunque lei ami adesso, o dovunque sia, essa ti ama sempre di più.

Così se hai amato una donna o qualche paese ti puoi ritenere fortunato, perché anche se muori, dopo, non ha importanza” (‘Verdi colline d’Africa’).

Michele Fazioli