Rimini, quella vecchia

I tempi di ‘Una rotonda sul mare’ o precedenti, addirittura.

Quando la villeggiatura occupava l’intera estate e la scuola cominciava ad ottobre inoltrato, dopo (lo so bene) gli esami ottobreschi – non ‘a settembre’ – di riparazione.

A Rimini, allora, invariabilmente, verso fine luglio, il tempo rapidamente peggiorava.

L’estate si ‘rompeva’.

Cavalloni.

Mareggiate.

Acqua dal cielo a dirotto.

Spiagge bagnate, differentemente colorate, deserte.

Ombrelloni e sdraio in terra, legati, ancorati a che il turbine non se ne appropriasse…

Maglione addosso, non appena possibile, le ultime gocce di pioggia sui capelli, dal lungomare, per qualche esaltante minuto, guardavo l’onda – nessun naviglio la percorreva – che mano mano, nel vento che andava lentamente placandosi, trascorrendo dal blu al bianco, s’acquietava.

Trentasei, quarantotto ore di villeggiatura diverse, quelle.

La lettura, ovviamente.

I caffè di giorno anziché di sera.

I conoscenti in albergo da due chiacchiere e via.

E, invariabilmente, almeno una volta, Rimini quella vecchia.

Un viale lungo e la città.

Un paio d’ore.

Magari, il cinema.

Al coperto.

Tutt’altra cosa rispetto alle arene del lungomare.

Dopo, le nuvole ripiegavano e la spiaggia riacquistava il pristino colore.

Con qualche rimpianto, la vita, quella normale, riprendeva a scorrere.

Diversa, comunque.

Uguale all’apparenza ma diversa.

Solo il mare, mutato – le cui acque, ora feroci, dovevano essere prese di petto – conservava per qualche fuggevole momento la forza che il vento freddo e la sferzante pioggia avevano prima magnificamente donato.

 

2017, nel giorno dei Santi Anna e Gioacchino

 

Mauro della Porta Raffo