Riflessioni sul matrimonio

Se è vero che nelle enciclopedie più note il matrimonio è definito l’ unione fisica, morale e legale dell’ uomo (marito) e della donna (moglie) in completa comunità di vita al fine di fondare una famiglia e perpetuare la specie, è per contro vero che a far tempo dagli anni ’80 dello scorso secolo nei più comuni dizionari il matrimonio è definito più semplicemente “il rapporto di convivenza dell’ uomo e della donna in accordo con la prassi civile, ed eventualmente religiosa, diretta a garantire la sussistenza morale, sociale e giuridica della famiglia”, e  che ancor più semplicemente è definito oggi l’ “unione tra un uomo e una donna ufficialmente sancita davanti a un ufficiale dello stato civile o a un ministro del culto”.

Scompaiono nella definizione del lemma (ammesso che si possa davvero offrire una definizione universalmente valida di matrimonio) le voci moglie e marito e soprattutto scompare la locuzione perpetuare la specie.

E non molto tempo fa, la stampa  ha dato risalto – pur non ampio e particolare – al fatto che la nuova Grande Enciclopedia Italiana Treccani, alla voce matrimonio, ha già fatto “i conti con la realtà e con il dibattito europeo decretando che il riconoscimento giuridico e la tutela delle unioni di fatto rispondono in uno Stato laico e democratico a basilari principi di equità sociale”; senza peraltro alcuna intenzione, parlando di coppie di fatto, di intaccare l’ istituto del matrimonio e il principio costituzionale della sua protezione (favor matrimonii).

Comunque sia, il matrimonio non dovrebbe essere più concepito come l’unica modalità prevalente di vita di coppia, l’unica forma di costituzione della famiglia.

Sono soltanto pochi i Paesi, tra cui l’ Italia, che non intendono dare il riconoscimento pubblico della famiglia di fatto, fondata sull’unione di due persone che vogliono condividere anima e fisico e beni, per mezzo della sua equiparazione giuridica alla famiglia di diritto, fondata sul matrimonio tradizionalmente concepito.

 

Certo è che il matrimonio che oggi immaginiamo e conosciamo è assai diverso da quello del passato anche recente.

Diverso da quello delle popolazioni primitive, in cui si rappresentava nelle più svariate forme per la complessità degli atti e dei rapporti, per la durata nel tempo e altri fatti minori; diverso da quello del mondo orientale e islamico, del mondo greco e romano dell’ età classica, del mondo medievale e dell’ età moderna se con riferimento alle più svariate legislazioni.

Anche se, ancor oggi, esistono matrimoni a termine, di prova, solubili, indissolubili; endogamici o esogamici; matrimoni di gruppo o famigliari; monogamici, poliandrici e poligamici; addirittura in piccole etnie sudamericane matrimoni per ratto e in altre micronecrosiane per compra-vendita; matrimoni rituali e irrituali; matrimoni legali e religiosi.

Il significato intimo del matrimonio non dovrebbe che essere quello di garantire la struttura di base di una società di umani e dunque la famiglia o altre strutture basilari ad essa equiparabili, di garantirne la pacificità, la sopravvivenza e lo sviluppo, di tutelare il patrimonio di un gruppo sociale e della stessa società.

E’ mia personale convinzione che un gruppo famigliare di base, comunque inteso o definito, sia sempre stato regolamentato, in termini socio-politici e religiosi, secondo schemi tesi a garantire, tutti, o solo uno o più dei beni fondamentali o primari dell’ umanità.

Il matrimonio per ratto era giustificato ampiamente dalla necessità di garantire patrimonio genetico nuovo a rinforzo di etnie isolate sempre più deboli sotto il profilo psico-fisico e intellettuale; quello endogamico all’interno delle caste e delle classi sociali più elevate per mantenere integra la purezza del sangue e per consentire la trasmissione interumana di geni di particolare qualità biologica; quelli esogamici tra individui di etnie rivali per favorire periodi di pace; quelli tra famiglie ricche per assicurare il benessere economico alle discendenze; quelli tra famiglie potenti per allargare i campi di influenza politica; quelli monogamici e poligamici per creare i presupposti – in ambienti antipodici – della migliore solidità sociale.

Qualsiasi tipo di matrimonio, ancor oggi, è pensato in funzione di queste necessità socio-politiche.

E si rappresenta, anche quello religioso cattolico, come un vero e proprio contratto con effetti (giuridici) civili.

Tuttavia, dei prevalenti fondamentali capisaldi del matrimonio, anche religioso, che in varia combinazione si sono perpetuati nel tempo, vale a dire la fedeltà, l’indissolubilità e la prole, oggi non ne rimane uno solo unanimemente ammesso a sostegno dell’ unione.

L’adulterio per lo più non è ormai reato; il divorzio è per lo più consentito; e la fertilità dei coniugi non è per lo più requisito essenziale.

La domanda che allora si pone perentoria è la seguente: se è vero che è venuta meno la definizione di matrimonio quale unione fisica, morale e legale dell’ uomo e della donna in completa comunità di vita al fine di fondare la famiglia e perpetuare la specie, perché mai precludere il matrimonio a persone dello stesso sesso? e, soprattutto perché mai impedire legislativamente il riconoscimento di unioni di fatto tra persone di diverso o dello stesso sesso che garantirebbero un rapporto di convivenza tutelato moralmente, socialmente e giuridicamente?

D’altra parte, i progressi nel campo della bio-medicina sono tali da far meditare profondamente anche sul significato di “coppia naturale”, atteso che non risulta affatto proibitivo, già da oggi, ricostituire in un soggetto giovane-adulto già sessualmente ben definito la bisessualità ovvero la totipotenza sessuale che caratterizza l’ embrione nei suoi primi giorni di vita.

E l’ evoluzione dei sistemi legislativi statuali, come quello italiano, non identifica più il sesso dei cittadini in quello naturale o biologico ma in quello puramente psichico.

Né possiamo dimenticare che le manipolazioni genetiche consentono di eliminare i problemi di trasmissione ereditaria di malattie e difetti fisici, nonché di ricondizionare linee genetiche povere di qualità; e che i progressi bio-tecnologici possono garantire notoriamente gravidanze anche in donne già da tempo infertili per l’ età e gravidanze in donne da anni vedove per seme del coniuge deceduto.

Dunque, oggigiorno dei tre antichi capisaldi del matrimonio – fedeltà, indissolubilità e prolificazione – non ne rimane uno solo garantito dalle leggi e dalla natura stessa, se e in quanto violentata dalla scienza e dalla bio-tecnologia anche la più banale.

Gli uomini tutti, senza distinzioni politiche, dovrebbero forse pensare all’opportunità di rimeditare sul concetto di matrimonio nell’ ottica della morale naturale; il tempo corre e tutto cambia e gli uomini debbono essere pronti a vivere con serenità e saggezza i mutamenti morali e comportamentali della società.

Mario Tavani*

* ordinario di Medicina Legale all’ Università degli Studi dell’ Insubria