Residenza

Voce del Dizionario Enciclopedico ‘Nel mentre il tempo si va facendo breve’. Voce vergata nel giorno dedicato a sant’Amanzio di Rodez . Nell’anno 2017. In Varese

 

Ilario?

Un pezzo d’uomo.

Uno che prendeva la vita di petto e gli faceva bene.

 

Bambino, nella stalla, si sdraiava sotto la vacca e ne succhiava il latte.

Alla mammella.

E tutti pensavamo che proprio per questo fosse forte e duro.

 

E nuotava.

Dio, se nuotava!

Al lago.

Si poteva, allora.

 

E scommetteva.

Avete presente ‘Cielo’ Masterson?

Di più.

 

E giocava.

Carte, biliardo, casinò…

 

Ed era uno spettacolo vederlo all’opera in sala.

 

A Campione.

Da una roulette all’altra.

Quella d’angolo a destra aveva il tre ‘in calore’.

Sosteneva.

E quella di mezzo alla parete nord produceva numeri ‘della serie’ come se piovesse.

Sapeva.

 

I tavoli?

Li conosceva uno per uno.

 

Decenni di ‘gobba’.

Buoni davvero.

Tanto da sembrare inattaccabile.

 

Assurdo.

Non fosse che succedeva.

 

Poi, vattelappesca.

Tre giorni e tre notti a poker.

Di ‘sfiga’.

Come altro la vuoi chiamare?

Con ‘Giorgio duro’.

Con ‘l’Onorevole’.

Con ‘Cordicella’.

Con ‘Femminiello’…

Gente che aveva legnato per anni e che finalmente si prendeva la rivincita.

Si rimpannucciava mica male.

 

Ed era tornato a casa alle cinque del quarto mattino.

E aveva svegliato la donna.

E le aveva chiesto della Simmenthal.

E quando lei, smarrita, aveva risposto “Ne abbiamo una”, “Bene, non è più nostra neanche quella” l’aveva fulminata.

 

Ed era successa quella cosa strana.

A Saint Vincent, a Venezia, a Sanremo, a Beaulieu, nelle altre ‘bomboniere’ della Costa, lo trovavi.

Di quando e spaesato.

A Campione, non più.

 

Ed erano trascorsi mesi.

E mesi.

 

Ed ecco che un pomeriggio sento l’urgenza.

E, certo, solo l’urgenza ti porta nell’enclave di pomeriggio.

 

Arrivo ai taxi.

Quelli che sostano appena fuori dal Casinò.

E vedo che parla.

Ha radunato un gruppetto.

È preso.

Infervorato.

Racconta, direi.

 

Aspetto.

 

“Mi hai beccato”, sputa cinque minuti dopo nel testa a testa che segue.

Fra noi.

“Guarda come sono ridotto”, dice.

Amaro.

“Entriamo”, replico.

“Ne parliamo al bar”.

“Non posso”.

 

Due parole ancora.

A chiudere.

Vuole chiudere.

Si sente.

 

“Cosa credi?

Non mi vedi più in sala.

Mi peschi qua fuori.

Uno che ha l’acquolina in bocca e se la deve tenere.

È a Campione che adesso risiedo.

La donna…

È lei che ha scoperto che i residenti, i campionesi, non possono entrare al casinò”…

 

E gira i tacchi.

E se ne va.

 

E tutto questo mi è tornato alla mente, tre ore fa, all’alba.

 

E ricordo perfettamente che allora, un secondo dopo l’accomiatarsi, Ilario l’avevo bello e dimenticato.

 

E rammento che l’unico pensiero che avevo in testa entrando in sala era “Chissà se gli ‘orfanelli’ oggi sono ‘in calore’?

 

Che tempi!

Mauro della Porta Raffo