Ray Bradbury 2018, ovvero della necessità oggi degli ‘uomini libro’

‘Playboy’ – la rivista sbrigativamente definita “erotica” dalle incolte enciclopedie fondata a Chicago dal compianto Hugh Hefner nell’estremo declinare del 1953 – ha immediatamente e costantemente proposto interventi (racconti, saggi, interviste) letterariamente di alto livello e pregio, tanto che praticamente nessuno tra i ‘grandi’ della letteratura, e non solo americana, mancherebbe nell’indice degli autori pubblicati ove tale elenco esistesse.
(Esiste?
Di certo, sono rintracciabili raccolte purtroppo datate, anche in italiano, delle narrazioni in oggetto).
È appunto nella ‘pagina culturale’ della rivista hefneriana che, praticamente subito, a puntate, divisa in tre parti, appare nella stesura che conosciamo (derivata da uno spunto risalente al 1951) la drammatica, inquietante rappresentazione del futuro vergata da Ray Bradbury a tutti nota come ‘Fahrenheit 451’, la temperatura alla quale ‘brucerebbe’ la carta.
‘Brucerebbe’, non essendo in verità determinabile per tutti i tipi di carta un limite unico in proposito.
(E viene da chiedersi come mai, nove volte su dieci a dir poco, il mondo a venire venga con buona costanza pensato dagli scrittori come assolutamente, anche se a volte non irrimediabilmente, distopico).
Ricorderete, in specie nella sapiente e coinvolgente trasposizione cinematografica del romanzo messa a punto da Francois Truffaut nel 1966, che in quel mondo nel quale i libri vengono bruciati dai vigili del fuoco (sublime! ed è il protagonista Montag appunto un vigile infine ribelle) la sopravvivenza delle opere letterarie è affidata – laggiù nel bosco, se la memoria non mi inganna, lungo un articolato fiume – agli ‘uomini libro’.
Delle singole opere, perché ciascuno di questi salvifici individui conosce a memoria – e prima di passare a miglior vita necessariamente trasmette a un discepolo -un singolo libro.
Ed è giusto che, finalmente, nel momento in cui una bomba atomica distrugge la città (il mondo), siano questi esuli i sopravvissuti e, per quanto possibile, i soccorritori.
(Il protagonista del romanzo si chiama Montag, Ruy Montag.
In tedesco, montag significa lunedì.
Perché il tedesco?
Eco del nazismo, ovviamente.
Perché lunedì?
Perché – opino – con il ribelle Montag inizia un nuovo mondo così come al lunedì si avvia la settimana).
Ciò detto e rammentato, in un universo – il nostro, odierno – nel quale la carta va scomparendo, in cui i libri scendono nelle cantine laddove già sviliscono e ammuffiscono in attesa di sfarinare, nel quale l’opera letteraria si conserva – se e quando – nel web confondendosi e svanendo quindi nell’anonimato, è necessario che in un luogo reale, non solo dell’anima, da identificare si costituisca la “comunità 2018 degli uomini libro” perché è l’essere umano, non la macchina, l’indispensabile tramite culturale.
Che i partecipanti, dediti alla (e consci della) missione che intendono portare a termine, scelgano ciascuno il libro della propria anima.
Per quanto mi riguarda, in questo preciso momento, vergando queste righe, tra i milioni di testi letti, due, del tutto ‘minori’, quelli che il cuore d’impeto sceglie:
‘Smoke Bellew’, di Jack London, e ‘La giumenta verde’, di Marcel Ayme’.
Letture giovanili se non addirittura fanciullesche, come è giusto per me sia.
Due, non uno?
Ma io sono Mauro della Porta Raffo!

Mauro della Porta Raffo