Novecento USA: la ‘Grande Migrazione’

1910, a Detroit, Michigan, la popolazione nera è pari all’uno e quattro per cento.
Nel 1990 raggiunge il settantacinque e sette.
È questo il dato di maggiore impatto (un incremento di oltre il settantaquattro per cento), ma significativi aumenti si verificano in un numero notevolissimo di situazioni.
Nello stesso lasso di tempo a Cleveland e a St Louis, per dire, i neri crescono di più del quaranta per cento.
A Philadelphia, del trentacinque.
Percentuali queste che certificano uno dei fatti storici interni agli Stati Uniti di maggior peso relativamente al Novecento.
Si tratta della ‘Great Migration’, del trasferimento volontario di milioni di neri dal Sud e dalle zone rurali al Nord e agli agglomerati urbani.
Dalla campagna, dalle piantagioni, tradizionali e obbligate residenze degli schiavi, alle zone industriali.
Fenomeno sociale e politico di vastissima portata, la ‘Great Migration’.
Fenomeno sconvolgente equilibri prima codificati.
Attenti come sempre sono stati e sono (si pensi al ‘muro’ che dovrebbe percorrerne la frontiera meridionale) ai movimenti migratori dai Paesi Latinoamericani e dal Messico in specie, gli USA – e i risultati si sono visti per ogni dove nel tempo – male hanno affrontato l’irresistibile, non programmato né regolato esodo interno.

Mauro della Porta Raffo