L’unica è rifugiarsi in Svizzera

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, quando non esistevano il telefono cellulare e le mail, ero in corrispondenza d’amorosi sensi con una cittadina svizzera e, dati costi delle interurbane, le scrivevo.

Lettere.

Abituato ai tempi delle poste italiane, per essere sicuro che ricevesse la missiva entro la settimana mi servivo dell’affrancatura ‘espresso’.

Dopo qualche giorno mi telefonò dicendomi di desistere, perché in Svizzera gli ‘espressi’, appena varcata la frontiera, venivano recapitati subito.

Cioè, anche di notte.

Fu il mio primo impatto (ero giovane) con un – letteralmente – altro pianeta.

Un pianeta efficiente, in cui le cose funzionavano, senza pressappochismi, circiterismi e buffonate ‘all’italiana’.

Quando diventai uno scrittore professionista pubblicai un Elogio degli italiani per Mondadori, seguito, poco tempo dopo, da un più corposo Doveroso elogio degli italiani, Rizzoli, che mi valse molte copie vendute, sì, ma anche una minaccia di querela per plagio da parte di chi?

Di un italiano, naturalmente, che però risiedeva, per sicurezza, all’estero.

La minaccia, campata in aria, rimase appunto in aria, ma fu la goccia che fece traboccare un vaso che, nel frattempo, si era riempito.

Infatti, quei miei libri erano più che altro descrizioni di un grande passato.

Mentre sotto gli occhi avevo, sempre più, uno squallido presente e nessun futuro.

Quando cessò la grandezza italiana?

Con il Risorgimento, nome pomposo e ridicolo e, ovviamente, autoattribuito.

Al di là delle fanfare nazionalistiche, fu Dostojewskij ad accorgersi che quel che era sorto da una guerra civile non era che un “piccolo regno di terz’ordine”, la famosa Italietta, buona solo a fabbricare emigrati.

So che è politicamente scorretto dirlo, ma da allora l’unica invenzione italiana di rilievo internazionale è stata il fascismo, non a caso imitato da mezza Europa ed elogiato perfino da Lenin (e addirittura da Churchill).

Diversamente dai tedeschi e dai giapponesi, l’Italia plebiscitariamente fascista divenne di colpo plebiscitariamente antifascista (“della prima ora”!) non appena le cose si misero male.

Ma questo lo sanno tutti.

Poi, gli ex nostri alleati divennero potenze economiche mondiali (la Trilaterale kissingeriana comprendeva – si noti – Usa, Cee e il piccolo Giappone).

La Germania, che aveva combattuto ben due guerre da sola contro l’intero mondo ed era stata ridotta alla pastorizia, asfaltata e, per sicurezza, divisa in due, oggi eccola lì di nuovo a comandare.

L’Italia?

Un Paese litigioso che non riesce nemmeno a darsi un governo decente, che non riesce a fare arrivare in orario nemmeno i treni ad alta velocità.

E non serve prendersela coi politici, perché siamo noi che li votiamo.

E’ vero, ogni tanto li cambiamo, ma se le cose non migliorano mai, anzi peggiorano, vuol dire che il problema sono gli italiani, ed è inutile girarci intorno.

Diceva Orson Welles ne L’infernale Quinlan che la Svizzera in sei secoli di pace ha dato solo cioccolata e orologi a cucù, mentre l’Italia ha dato Leonardo e Michelangelo.

Ma è questo il punto: l’Italia ha già dato ed è da troppo tempo che non dà più.

Nessuno di noi saprebbe neppure nominare un solo politico svizzero, eppure la Svizzera funziona, è ricca, ci si sta bene, si pagano le giuste tasse e pure volentieri.

In Svizzera serve un traforo?

Se lo fanno, e pure in fretta.

Qui da noi l’unica cosa che sorge in fretta sono i No Tav, No Ogm, No Tutto e via scassando.

Da noi è ormai cronicamente pericoloso pure andare a vedere una partita di calcio.

Galassia anarcoide che periodicamente sfascia tutto impunemente?

Da noi.

Magistratura politicizzata?

Da noi.

Porte aperte a mezza Africa?

Da noi.

Scioperi continui dei mezzi pubblici?

Da noi.

Potrei continuare se lamentarsi, in Italia, servisse a qualcosa.

In Italia non serve a niente nemmeno darsi da fare, perché trovi sempre qualcuno che rema contro e ti sega le gambe, così che l’inconcludente prevalga e l’imbecillità dilaghi.

L’unica è andarsene e lasciare il campo agli imam, ai vu’ cumpra’ e allo sfinimento parolaio.

E dove?

In Svizzera, Paese serio in cui decide davvero il popolo.

E in cui talvolta il popolo decide che, per esempio, di immigrati ne ha troppi, e se ne frega se la Ue gli boicotta l’Erasmus (e sai la perdita).

Svizzera, Paese senza comunisti e senza preti.

Un paradiso.

Se non fossi ormai troppo vecchio, avrei chiesto la cittadinanza e/o asilo politico.

Rino Cammilleri