L’occupazione elvetica della Valcuvia nel XVI secolo

Pubblichiamo per gentile concessione dell’autore il saggio già apparso nel 1994 sul numero XV della rivista Verbanus. In calce all’articolo riportiamo il link ad un documentario della TSI sulla Battaglia di Giornico e sui rapporti tra Ducato di Milano e la Confederazione Elvetica. MdPR

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Diverse opere, apparse sia nel secolo scorso sia nel presente, parlano di un’occupazione elvetica della Valcuvia; tra queste, quella che più ampiamente ne riferisce è dovuta allo storiografo svizzero Eligio Pometta (1865-1950).1 Il Pometta per la sua trattazione si è sostanzial­mente basato sulla raccolta dei Decreti o Abschiede dei Confederati Elvetici, pubblicati a Lucerna attorno al 1870. Abbiamo cercato, e ne ri­feriamo in questa nota, di approfondire l’argomento sia attraverso qualche ricerca d’archivio sia con un più completo esame degli Ab­schiede, in particolare dei volumi a stampa relativi agli anni dal 1500 al 1528. Dato poi che gli Abschiede risultano difficilmente reperibili in Italia e sono scritti in lingua tedesca, si è ritenuto conveniente ripor­tare in appendice le parti del testo esaminato che riguardano la Val­cuvia, dando per esse una versione nella nostra lingua.2

Prima di trat­tare dell’occupazione elvetica della Valcuvia, è opportuno esporre qualche considerazione sulle vicende che la precedettero, in partico­lare su quelle che si svolsero nel finitimo territorio di Luino e della Valtravaglia.

Le vicende nel Luinese

All’inizio del XVI secolo lo stato di disfacimento in cui si trovava il ducato di Milano facilitò l’espansione territoriale degli Svizzeri a sca­pito del ducato stesso. Così, nel periodo tra l’inizio del 1512 ed i primi mesi dell’anno successivo, essi si impossessarono di Lugano e di Locarno; quest’ultima città era, all’epoca, feudo dei conti Rusca. Non paghi di tali conquiste, i Confederati Elvetici miravano all’annessione di altre terre del ducato milanese; in particolare di Luino e della Val­travaglia, pure feudo dei Rusca, nonché della Valcuvia, feudo di Ste­fano Cotta e dei figli Gio. Antonio II e Gio. Ambrogio II. Ricordiamo anche che Stefano Cotta era personaggio di un certo rilievo alla corte milanese, dove rivestiva la carica di consigliere ducale.3

Cerchiamo ora di ricostruire le vicende che seguirono, attraverso l’esame di documenti esistenti presso il fondo Sforzesco dell’Archivio di Stato di Milano e dei decreti confederali. Degli sviluppi della situa­zione nell’alto Lago Maggiore all’inizio del 1513 ci informano due missive inviate alla cancelleria ducale dall’ambasciatore milanese Enea Crivelli e datate rispettivamente 1 e 2 marzo 1513.4 Tali missive, redatte nel volgare allora usato, appaiono scritte sotto l’incalzare degli eventi, per seguire i quali il Crivelli, con il collaboratore Gio. Giaco­mo Rusca, si sposta, nella notte tra il 28 febbraio ed il primo di mar­zo, da Lugano a Locarno. Egli riferisce che, sul finire di febbraio, era­no giunte a Locarno tre imbarcazioni («canobiesse o nave») cariche di «homini de Lovino» che «con pifferi et sonelli» e «cridando “Liga, Li­ga”» chiedevano ai capitani di Locarno di recarsi a Luino a raccogliere il giuramento di fedeltà alla lega dei 12 Cantoni («a tore quella sua fidelità e posesso»). Così, all’alba del primo marzo 1513, i «capitani helvetij» si recarono a Luino e lì trovarono «li homini uniti et aparati a questo».

“Rotella” facente parte del bottino elvetico di Giornico (e ancora conservato a Lucer­na) con rappresentazione dello stemma dei Cotta

 

A spingere gli abitanti di Luino a chiedere la sudditanza elve­tica dovette essere, come lo fu per altre terre, il desiderio di venire tu­telati e protetti da scorrerie e saccheggi da parte delle tante soldate­sche che allora battevano la Lombardia. Il Crivelli aggiunge infatti che i Luinesi «il fecero acciò fusser riguardati da soldati e per la fede».

Nella stessa lettera leggiamo che gli inviati da Locarno «hanno tolto tal fedelità no’ per far dispiacere a la eccellentissima vostra Si­gnoria ma per essere così intesi alla Liga»; sull’occupazione del Luine­se vi era stato quindi un precedente accordo tra i Confederati. Nello scritto compare poi un interessante accenno ad un’intesa sulle terre dell’alto lago; leggiamo: «… al fine fu risolto che gli Svizzeri avessero Lugano, Locarno et Domidossola et Como restasse alla Signoria vo­stra». Gli Svizzeri giustificavano poi l’annessione del Luinese come territorio direttamente legato a Locarno, perché soggetto ai Rusca.

Uno dei maggiori ostacoli alla nuova espansione elvetica era la presenza, nelle terre rimaste ai Rusca, della rocca di Valtravaglia. Pre­vedendo l’invasione elvetica, agli inizi del 1513, i conti Rusca aveva­no inviato un contingente di armati a rincalzo della guarnigione di ta­le fortezza. Avutane notizia, gli Elvetici mandarono al duca una mi­nacciosa missiva, data «in castro Locarnij adì 4 martij 1513» con la quale ingiungevano al «castellano de la rocha de Valtravaglia» di espellere i fanti mandati dai Rusca e di «rendere a noi la rocha»; nel caso si fosse verificata «molestia in grado alcuno alli homini et suditi della plebe di Valtravaglia» avrebbero fatto «tale demostratione che sarà in perpetua memoria». Le lettera è firmata dai «capitani ordinati dalli magnifici et potentissimi signori dei 12 Cantoni de la Liga per governo del castello et terra di Locarno».

Le bellicose intenzioni elvetiche apparvero evidenti; così, in una nota indirizzata il 6 marzo 1513 all’ambasciatore ducale Francesco Stampa, a proposito della citata missiva, si commenta: «la qual è di quella pessima natura che vederete». Di fronte agli eventi in corso ed alle nuove minacce di aggressione, il ducato, le cui milizie erano in gran parte costituite da truppe mercenarie elvetiche, non poté oppor­re che verbali proteste. Così il 17 marzo, in una nota della cancelleria, leggiamo: «qui per vos deputati fuerunt gubernationí castri et terre Locarni volunt occupare aliqua comitorum de Ruschis videlicet Bris­sagum et Luvinum que penitus sunt separate a Lugano; … non con­tenti de predictis ipsi a vobis deputati modo volunt occupare castrum Vallis Travagliae…». In tale scritto, assai probabilmente, si parla di “vo­lontà” di occupare e non di “occupazione” di Brissago e Luino, che ab­biamo visto già intrapresa e praticamente portata a termine, solo per non darne ufficiale ammissione; o forse le notizie sugli avvenimenti nell’alto lago non erano ritenute del tutto certe a Milano.

Intanto la situazione nel Luinese si andava evolvendo. In un inte­ressante rapporto dell’inviato milanese Francesco Stampa, datato 28 aprile 1513, si diceva che «i capitani de Locarno et Lugano» avevano «posta la mano a la jurisdicione de Loino e rocha» in quanto preten­devano che detta giurisdizione fosse «de le pertinentie de le terre de Locarno et Lugano». Il rapporto, dopo aver contestato tale tesi, conti­nua: «s’è inteso che un Jo.Pietro de Loino l’altra nocte con moltitu­dine de armati è andato ad assaltare dicta rocha de Valtravaglia et persevera in la oppugnatione». Con una nota del successivo 2 maggio, lo stesso Francesco Stampa informava che nonostante l’intesa inter­corsa con i «capitani di Locarno», di discutere l’occupazione della rocca di Valtravaglia in una dieta da tenersi a Baden, era stato porta­to, da parte di quello «Jo.Pietro de Luijno», un «nuovo insulto ad la rocha de Luijno et Valle Travaglia»5

Evidentemente gli Elvetici, mentre da un lato si dimostravano aperti alle trattative, di fatto procedevano militarmente contro la roc­ca di Valtravaglia e i Luinesi gli davano man forte. Con missiva del 7 maggio 1513, Francesco Stampa annunciò infine che «per le genti di quelli Signori s’è proceduto alla occupatione de la rocha de Valtrava­glia». Gli Svizzeri avevano giustificato la loro azione col pretesto che «la gente del castellano» aveva usato violenza a «certa femina» la quale, dice lo Stampa, «per quanto intendemo era meretrìa pubbli­ca». E continua: «voi vedete su qual nulla volino justificare tale occu­patione».

Gli Elvetici provvidero poi a demolire la rocca di Valtravaglia; così il Morigia poteva scrivere, novant’anni dopo: «e di già sopra il monte dove si cavano i sassi da far la calcina vi era una fortezza detta la Rocca, che fu distrutta da Svizzeri l’anno 1513».6 In effetti gli Svizzeri spesso abbattevano le fortezze da loro conquistate; così fu ad esempio per Locarno e Lugano7  ed anche, ne riferiamo per inciso avendone trovato notizia proprio tra i documenti del fondo Sforzesco, per l’antica fortezza di Olonio posta presso lo sbocco dell’Adda nel Lario: leggiamo infatti in un rapporto del 14 marzo 1513 «esser stato principiato da Grisoni de demolir la torre di Ologno».

I Rusca, alla dieta di Baden del 6 giugno 1513, chiesero la restituzione del Luinese, presentando documenti e sigilli provanti che tale territorio mai era appartenuto a Locarno. Su tale restituzione non vi fu accordo tra i cantoni della Lega né in quella dieta né in quelle del 1° e 12 agosto a Zurigo. In effetti l’occupazione del Luinese e Valcu­via era stata attuata dai cantoni di Lucerna, Nidwalden, Uri e Zug.8

L’occupazione della Valcuvia

Agli inizi del maggio 1513 il Luinese e la Valtravaglia, con cui la Valcuvia confina a levante ed a settentrione, furono dunque occupate dagli Elvetici; il Pometta osserva che questi tenevano al dominio sia del Luinese sia della Valcuvia per avere libera la via verso Varese; la Valcuvia, con i suoi vari sbocchi e valichi, presentava un indubbio interesse strategico.9

Non abbiamo trovato documenti che direttamente testimonino le vicende dell’occupazione elvetica della Valcuvia; tuttavia gli atti della dieta di Baden, tenutasi il 27 giugno 1513, sembrano indicare che a quella data l’occupazione era già avvenuta. Infatti in tali atti, come in quelli della successiva dieta del 20 luglio a Zurigo, si legge di una protesta di Stefano Cotta per l’occupazione, da parte degli Elvetici, un suo possedimento; unico possedimento del Cotta nella zona inte­ressata dall’espansione dei Confederati era appunto il feudo della Valcuvia.

Ancora più interessanti in merito sono gli atti della dieta di Beggen­ried (attualmente Beckenried, sul lago dei Quattro Cantoni). Si discus­se ed approvò l’invio di ambasciatori al duca di Milano «a proposito della Valcuvia»; compaiono poi una serie di provvedimenti, di carat­tere sostanzialmente giuridico ed amministrativo, relativi al governo del Luinese. Tuttavia uno di essi si riferisce ad una fortezza in Valcu­via, probabilmente alla rocca di Orino.10 Poiché in tale punto si parla di inviare degli incaricati per valutare se abbattere la fortezza, è da dedursi che all’epoca la Valcuvia fosse in mano elvetica.

Il resoconto della dieta lascia solo intuire l’occupazione della Val­cuvia e comunque non manca di sottolineare, con l’uso dei diminuti­vi (ilindchens, schldsslein), l’esiguità sia nella terra sia del castello. In ef­fetti dalla lettura del resoconto sembra che la Valcuvia fosse legata a Luino: si sottolinea infatti che essa è adiacente a Luino (ma si può in­tendere anche «unita con Luino») e si espongono i provvedimenti re­lativi alla nuova conquista non distinguendoli da quelli presi per il Luinese; né compare alcun accenno alla diversità dei feudi.

Assai probabilmente tra i Confederati non vi era accordo sull’op­portunità delle nuove conquiste;11 così da parte dei cantoni che vi erano impegnati si tendeva a minimizzare l’occupazione della Valcu­via e a giustificarla come di terra annessa a Luino. Ma può anche essere che gli Elvetici non avessero veramente precise conoscenze della situazione dei nuovi possedimenti e che effettivamente ritenessero Luino e la Valcuvia legati a Locarno.

Nel resoconto della dieta di Zurigo, del 1 agosto 1513, non si parla esplicitamente di occupazione della Valcuvia, ma bensì di azio­ni contro i Cotta, condotte da Lucerna, UH e Nidwalden. In tale die­ta i rappresentanti della Lega Elvetica appaiono orientati a mantenere i Cotta, cui apparteneva il feudo della valle, nel loro possesso e ciò a seguito di pressioni di Massimiliano Sforza, duca di Milano.

Nella dieta tenutasi a Zurigo, il giorno 12 dello stesso agosto, ven­ne ancora trattata e rimandata la questione di Luino. Si discusse infat­ti delle lettere patenti e dei sigilli dimostranti l’indipendenza del feu­do di Luino da Locarno; si trattò anche dei Cotta e assai probabil­mente dei loro diritti sulla Valcuvia.

Dell’interesse del duca di Milano, Massimiliano Sforza, per la cau­sa dei Cotta troviamo prova nel carteggio tra la cancelleria ducale e Agostino Paravicino, suo ambasciatore a Zurigo.12 Così in una missiva ducale del 1° settembre 1513 leggiamo: «Indebbi havere ad memoria quanto ultimo te habiamo scritto sopra el caso del spectabile messer Zo. Stephano Cotta mio dilettissimo consiliario». La missiva segatiti dicendo che «quelli Signori [gli Svizzeri] debiano fare promissa de no’ mancarlo de justicia»; parla poi dell’invio sul posto di uno dei figli del Cotta e raccomanda che «habia a conseguire l’optato effetto quanto in dieta demostrato»; infine, riferendosi al Cotta, afferma che «né lo caso suo è l’interesse mio».

La Rocca di Orino
La Rocca di Orino

Il Paravicino, il 13 settembre 1513, scrive da Zurigo al duca di aver ricevuto le sue istruzioni: «hogi matina è giunto el Porro cavallaro 13 con le lettere de la Excelentia vostra, el primo di queste per la relaxatione de Vallechuvia; …quanto alla cossa di Vallechuvia io ne ho scripto al predicto d.no Jo. Stephano de quello fatto per mi con li Signori de li tri cantoni; et credo a questora se havaria havuto [cioè avrà ricevuto lo scritto]». Séguita dicendo che della questione avreb­be parlato nella successiva dieta: «sia per Io interesse de la Excelentia vostra quanto per esso d.no Jo. Stephano Cotta».

In altra lettera, inviata da Zurigo al duca in data 28 ottobre 1513, gli ambasciatori Agostino Paravicino e Lancillotto Melzi riferiscono come, recatisi essi «in dieta» per parlare della «causa de li magnifici conti Ruschi e del messere Jo. Stephano Cotta sopra la quale molto fu tractato e dicto», avevano trovato i rappresentanti dei Tre Cantoni non disposti a discutere la cosa perché «per quanto possamo com­prendere no’ pare li sia stato molto grato la capitolazione facta per la Excelentia vostra con li castellani et capitani del castello e la restitu­zione d’esso»; l’ultima frase pare riferirsi a trattative intercorse tra il duca Massimiliano ed i Francesi che ancora occupavano il castello milanese di porta Giovia, poi abbandonato in novembre. In una nota del giorno successivo leggiamo che gli Elvetici «de la causa de li conti Ruschi et de messere Jo. Stephano Cotta hanno differito alla dieta fu­tura dando buone speranze».

Negli Abschiede della conferenza tenutasi a Milano il 3 dicembre 1513, è memoria come sia il conte Rusca sia il Cotta chiedessero la restituzione dei territori occupati, dichiarandosi fedeli sudditi dei Confederati «come altri nobiluomini» della Svizzera; simile afferma­zione filo-elvetica può stupire, specie da parte del Cotta, consigliere ducale e protetto dal duca, ma è giustificabile considerando la grande confusione politica in cui si trovavano i Milanesi.

Un mese dopo, nella dieta tenutasi il 4 gennaio 1514 a Becken­ried, i rappresentanti di Lucerna, Uni e Nidwalden decisero di resti­tuire il possesso del feudo della Valcuvia a Stefano Cotta ed ai suoi fi­gli; negli atti della dieta si afferma che detta valle era stata presa, negli ultimi anni, sotto il dominio dei vogt e balivi di Locarno e Lugano «per motivi che è qui superfluo ricordare».

Sempre secondo gli atti della dieta la restituzione avvenne sia perché i Cotta «a memoria d’uomo» risultavano essere stati feudatari della valle, sia in considerazione del «servizio che essi avevano reso e rendevano alla casa di Milano». Per la restituzione del feudo i Cotta si dovettero impegnare ad osservare una nutrita serie di condizioni imposte dagli Elvetici, la cui eventuale trasgressione avrebbe compor­tato il ritorno del dominio della valle ai Tre Cantoni.

Tali condizioni, nel loro complesso, rivelano come il feudo venisse sostanzialmente a dipendere dagli Elvetici; alcune di esse poi con­tengono interessanti notizie sulla situazione locale. Così leggiamo che nella valle vi era un certo numero di persone favorevoli a passare di­rettamente sotto il governo degli Elvetici: ciò, riteniamo, sia per le ga­ranzie di protezione ottenute, sia per affrancarsi dal feudatario. Il di­pendere senza intermediari dall’amministrazione centrale era infatti generale aspirazione delle popolazioni.

Interessanti sono poi il punto relativo al cattivo stato dell’ammini­strazione della giustizia nella valle ed il punto che rivela come i conti Rusca avessero proprietà in Valcuvia.14 La condotta di Stefano Cotta nella questione con gli Elvetici dovette, in qualche modo, dare luogo a critiche a Milano; sembra che il Cotta fosse chiamato a scolparsi, come appare da un brevissimo scritto, datato 22 febbraio 1514.15 Tut­tavia la mancanza di altra documentazione impedisce di ricostruire l’accaduto.

L’intesa raggiunta ebbe durata assai breve; infatti in una successi­va dieta, tenuta nella stessa terra il 10 luglio 1514, venne revocata la concessione del feudo ai Cotta e la signoria della valle passò ai canto­ni di Lucerna, Uri e Nidwalden. Nel resoconto di tale dieta leggiamo che il 3 luglio 1513 i terrieri della Valcuvia, comparsi davanti agli in­caricati dei Tre Cantoni, avevano denunciato i Cotta per la violazione degli accordi; chiedevano quindi che la signoria tornasse in mano transalpina.

Alla dieta partecipò Ambrogio II Cotta, figlio di Stefano; egli so­stenne che la sua famiglia non era mai venuta meno agli accordi, non essendo i Cotta nemmeno ritornati nel possesso del feudo. Ma egli non fu presente alla riunione conclusiva in cui venne deciso che la terra di Valcuvia, con le sue pertinenze, passasse sotto il dominio dei Tre Cantoni e che né i Cotta né i loro discendenti, né altri per loro mantenessero alcun diritto sulla valle. Non ci è dato sapere se l’accu­sa ai Cotta venne formulata spontaneamente dai Valcuviani o assunta ed enfatizzata come pretesto. Il resoconto della dieta lascia perplessi. Vi si parla genericamente di terrieri della Valcuvia, ma chi fossero gli incaricati a rappresentare la comunità di tale valle, e con quali titoli o deleghe, non viene detto; vaghe sono le accuse formulate. Inspiegabi­le è poi il comportamento attribuito al Cotta che, portatosi fino a Beckenried, avrebbe chiesto di anticipare la riunione conclusiva della dieta per eclissarsi al momento buono.

Il ritorno al ducato

Contro la decisione elvetica ricorsero i Cotta con l’appoggio del duca di Milano e di ciò troviamo memoria in varie missive intercorse tra la cancelleria ducale e l’ambasciatore a Zurigo, Galeazzo Sforza;16 da esse si rileva come gli Elvetici andassero rimandando la discussio­ne della causa relativa al feudo dei Cotta fino a dire, nel novembre del 1514, di non sapere di che cosa si trattasse.

Dalla citata corrispondenza, stralciamo i brani píù significativi at­tinenti alla questione dei Cotta. Già in una missiva del 18 o 28 luglio 1514, la cancelleria ducale scriveva allo Sforza: «per li conti Ruschi et nostro Stephano Cotta farete a beneficio loro quanto in l’instructio­ne». In una lettera da Zurigo, datata 20 settembre 1514, egli informa­va che per la causa del Cotta aveva provveduto a «farla cavar in lin­gua germanica quale io medesimo porti ne la dieta». Seguitava dicen­do che «per mezzo il loro secretario me hano data resposta, circa la cosa del ill.mo J.S. Cotta, no’ hano autorità de posser terminar tal cosa ma che hano esposto a ciò li particolari cantoni». La questione dei Cotta appare rimandata anche in una lettera del 10 ottobre: «l’altra proxima dieta che si farà qui a Bada [Baden] la Domenica dapoi la fe­sta di S. Gallo [18 ottobre] … io ne parlerò con diligentia»; l’ambascia­tore milanese continuava rammaricandosi che il Cotta non avesse mandato un suo rappresentante ad esporre con maggior cognizione la sua causa nella dieta.

Di notevole interesse è poi una lettera da Zurigo del successivo 20 novembre, inviata dallo stesso ambasciatore. Da essa infatti è ben rilevabile l’atteggiamento elvetico riguardo alla questione del nostro feudo: «parimenti ho parlato del caso de li mag.ci conti Rusca e de messer Stephano Cotta che, como altre volte ho scripto, me pareria dovessi mandar qui uno suo che sollecitassi le cose sue, ch’io altro no’ posso far che proponerle, il che fo molto volentieri… Alla cosa de messer Stephano Cotta no’ mi danno altra risposta se no’ che mi dico­no no’ saper cosa sia…; questo no’ procede se no’ che ha voluto man­dar qui uno suo uomo; … più volte ho scripto che lo tenga ricordato». Della causa dei conti Rusca e dei Cotta si trova ancora un cenno nel­la lettera di Galeazzo Sforza datata 23 novembre 1514; è questa l’ulti­ma delle carte da noi trovate presso l’Archivio di Stato milanese, in cui si parla di tale causa.

Nel settembre 1515 gli Elvetici venivano sconfitti a Marignano dall’esercito francese condotto da Francesco I. Aveva così termine il predominio elvetico sul ducato di Milano che passò prima alla Fran­cia e quindi, dopo il 1522, alla Spagna.

Subito dopo Marignano, il capitano francese Antonio de Mondra­gon (già protagonista della strenua difesa del castello di Lugano) mar­ciò dalla Tresa per scacciare i Confederati dalla Valcuvia, da Marchi­rolo e da Luino. Il Pometta scrive che la Valcuvia era stata «occupata dagli Svizzeri e poi restituita»; non cita però le fonti di queste notizie (si riferiva probabilmente alla restituzione della signoria feudale di Cotta, il che non escludeva l’alto dominio elvetico). Commentando poi una lettera del balivo Schmid (1521 dic.), aggiunge: «da questa let­tera risulta che Luino era stata evacuata dai Quattro Cantoni proba­bilmente dopo Marignano, così come Mendrisio, Balerna, Morcote, Capolago, essendosi i confederati ristretti a Lugano ed a Locarno».17

L’occupazione elvetica della Valcuvia dovette quindi avere la du­rata di poco più di un anno; ma, sul ritorno della giurisdizione della valle al ducato di Milano, nulla direttamente risulta negli Abschiede, dai testi dei vari trattati che gli Elvetici stipularono con i nuovi domi­natori della Lombardia. In particolare nel trattato tra il re di Francia Francesco I ed i Confederati, che stabilì dopo Marignano, i nuovi li­miti territoriali (la cosiddetta «Pace perpetua», «Eige Friede», Friburgo 29 novembre 1516) si fa menzione di città come Bellinzona, Locar­no, Lugano nonché di terre come la Valmaggia e la Valtellina, città e terre delle quali, sotto opportune condizioni, si riconosceva il passag­gio agli Elvetici; nessun cenno invece a Luino, alla Valcuvía e Valtra­vaglia, la cui giurisdizione restava quindi al ducato seppure, per un decennio, regnasse qualche incertezza sulla effettiva pertinenza delle nostre terre.”

Appendice

Dagli Abschiede (1500-1528) relativi al feudo della Valcuvia

Baden – 1513, 27 giugno.

…n) Allo stesso modo, a proposito della protesta del procuratore del signor Giovanni Stefano Cotta per l’occupazione da parte del commissario di Luga­no di un suo possedimento, hanno parimenti riferito ai nostri sovrastanti ed -al duca di Milano.

 

Zurigo – 1513, 20 luglio.

… i) Si deve discutere per la protesta del nobile Gio.Stefano Cotta contro l’occupazione del suo possedimento perché il duca di Milano si è adoperato per lui, suo fedele servitore, affinché il possesso gli sia di nuovo restituito.

 

Beckenried – 1513, 29 luglio.

a) Si tiene consiglio, se sia il caso di inviare da ogni cantone un incaricato al duca di Milano a proposito della Valcuvia, presso Luino. Viene deciso, a meno di revoca, di partire a cavallo il seguente mercoledì 3 agosto da ogni can­tone alla volta di Uri e, da lì, andare verso Sud. b) Gli stessi incaricati de­vono portare con sé gli statuti a Bellinzona ed esporli in lingua tedesca e lati­na a quelli di Luino. c) Al vogt di Luino devono essere pagati annualmen­te 100 ducati, al traduttore 15. d) Qualora un vogt debba esprimere una sentenza su un fatto di sangue, deve chiamare in aiuto altri giudici da Uri, Lucerna o Nidwalden a suo piacere, e da nessuna altra località. e) Gli in­caricati che si recano sul posto, hanno il potere di stabilire entro quale ter­mine si debba ricorrere in appello o accettare il giudicato. f) Non può es­serci altro cancelliere se non quello che ha prestato giuramento al vogt; nes­sun altro al di fuori del vogt può firmare. g) Gli incaricati che sí recano sul posto, hanno il potere di occuparsi dell’alloggio, scelta e tutto quanto risulta necessario per l’abitazione del vogt. h) Debbono anche stabilire quanti in­servienti ci debbano essere e se si debba dare annualmente ad ognuno un paio di pantaloni. i) Si deve fare tutto il possibile perché quelli di Luino si contengano nell’acquisto del sale etc. come quelli di Lugano e di Locarno.k) Gli incaricati devono raccogliere informazioni e fare poi un rapporto circa le prebende. l) Per il piccolo castello di Valcuvia verrà attentamente valutato dagli incaricati se lo si debba abbattere o che cosa se ne deb­ba fare per evitare spese alla giurisdizione. m) Per il cancelliere gli incari­cati debbono prendere informazioni e fare in seguito un rapporto.

 

Zurigo – 1513, 1° agosto.

… l) Per quanto concerne messer Stefano Cotta, contro il quale procedono i nostri confederati di Lucerna, Uri e Nidwalden, viene chiesto agli inviati di chiedere ai loro signori di attenersi all’equità ed alla moderazione e che que­st’uomo rispettabile, per cui ha píù volte intercesso il duca di Milano come per suo fedele servitore, possa conservare il suo; qualora avesse mal operato e di conseguenza avesse ottenuto vantaggi personali, non saremmo di questo parere, ma dato che non ci sono pervenute voci simili, ci piace che come uo­mo dabbene mantenga la sua proprietà.

 

Zurigo – 1513, 12 agosto.

… k) Per il conte di Locarno abbiamo richiesto agli incaricati dei Cantoni che gli sono ostili, affinché essi riferiscano l’invito che si rilascino al conte le let­tere ed i sigilli ricevuti, come il nostro onore e pace e tranquillità esigono; se ciò non avvenisse si dovrebbe legalmente chiarire se in argomento la maggio­ranza deve attenersi alla minoranza, o questa a quella. 1) La stessa opinio­ne vale per la questione di messer Stefano Cotta.

 

Milano – 1513, 3 dicembre.

Rapporto dei messi incaricati dalla Confederazione presso il duca di Milano.

…k) Il conte di Locarno e messer Stefano Cotta, consigliere ducale, hanno più volte pregato che si restituiscano loro le località che sono tenute occupa­te perché vogliono essere compresi fra gli stessi sudditi fedeli degli stati con­federati, come altri nobiluomini nostri connazionali. Dato che gli incaricati non avevano avuto nessun ordine in tal senso, sono stati invitati a conferire con i loro signori.

 

Beckenried – 1514, 4 gennaio.

Schultheiss, i piccoli e grandi Consigli di Lucerna e balivi, Consigli e Comu­ni delle terre di Uni. e Nidwalden attestano quanto segue. Negli anni recenti la valle ed il dominio di Valcuvia, per motivi che è qui superfluo ricordare, sono stati occupati e presi in possesso dai vogt e balivi di Locarno e Luga­no. Ora, in primo luogo, il duca Massimiliano di Milano ha chiesto che i meriti verso i duchi di Milano del nobile signor Stefano Cotta e dei suoi antenati, cui a memoria d’uomo il possesso della Valcuvia apparteneva per diritto, siano fatti valere ed i Tre Cantoni hanno deciso che il dominio gli sia di nuovo concesso. Anche il Cotta ed i suoi figli Gio.Antonio e Gio.Am­brogio hanno, con urgenza, fatto la stessa richiesta. Allora i Tre Cantoni hanno ridato il possesso della Valcuvia al Cotta ed ai suoi figli per i loro precedenti meriti verso la casa di Milano e sotto le seguenti premesse e ri­serve. 1) I Cotta non devono fare alcuna rappresaglia contro la gente del­la valle che ha preso posizione per i Tre Cantoni. Se lo facessero, i Tre Can­toni riprenderanno la Valle nelle loro mani. 2) Nella Valle vi è stata una grande lamentela perché furti, percosse a morte, assassinii etc. non sono sta­ti perseguiti. Ora Stefano Cotta ed i suoi figli devono provvedere perché ta­li misfatti non avvengano o siano senza indugio puniti. Se essi hanno biso­gno di aiuto devono interessare i Tre Cantoni i cui vogt e balivi oltre le montagne interverranno in aiuto. Se anche in futuro questi delitti non fos­sero puniti, i Tre Cantoni riprenderanno la Valle nelle loro mani. 3) Se Stefano Cotta od i suoi discendenti insediano un podestà o giudice di Val­cuvia lo devono fare con il favore, conoscenza e consenso dei Tre Cantoni o dei loro vogt e balivi di Lugano. Anche tutti i ricorsi in ogni causa devono essere a loro presentati; ma il ricorrente deve prima pagare tutte le spese al suo avversario per il caso che perdesse la causa. I vogt, cui siano presentati i ricorsi, possono nei casi difficili, deferirli ai loro signori e superiori nei Tre Cantoni. 4) Nel caso messer Stefano Cotta o i suoi sopradetti figli moris­sero senza figli o eredi la valle di Valcuvia sarà ripresa dai Tre Canto­ni. 5) Siccome Ercole Rusca, che ha fondi nella valle, si è messo dalla parte dei nostri nemici, i Francesi, i Tre Cantoni terranno le sue proprietà a loro disposizione. È stato già dato ordine al vogt di Lugano di prendere pos­sesso di tali fondi. Per confermare questo sequestro sarà redatto un verbale col sigillo dei Tre Cantoni. Anche Stefano Cotta apporrà il sigillo per se stesso ed i suoi figli e discendenti.

 

Beckenried 1514, 10 luglio.

È sorta una controversia circa il dominio della Valcuvia che era stata presa in possesso dai Tre Cantoni, poiché i Cotta di Milano si erano recati da loro chiedendo che il dominio passasse di nuovo nelle proprie mani sotto alcune/ condizioni e riserve; qualora i Cotta non le avessero rispettate avrebbero perso il dominio che sarebbe ritornato di nuovo ai Tre Cantoni. Lunedì, S. Ulrico [3 luglio], si è presentata agli inviati dei Tre Cantoni a Beckenríed gente di Valcuvia, comunicando che i Cotta avevano violato e non rispettato tali condizioni e riserve, e chiedendo che ora il dominio fosse esercitato esclusivamente dai Tre Cantoni. Per contro i Cotta hanno risposto che non hanno infranto quelle condizioni in quanto non erano in possesso del domi­nio, né hanno fatto nulla per cui il dominio venisse loro disconosciuto. Di ri­sposta gli incaricati hanno preteso, per sentire i loro signori e superiori, di poter aggiornare l’incontro ad una data successiva, a Beckenried; il signor Ambrogio Cotta ha chiesto che l’incontro fosse a breve scadenza. Nel frat­tempo è stato esaminato dai Tre Cantoni il punto della controversia, ma il giorno convenuto si sono presentati solo gli abitanti della Valcuvia, nessuno invece a rappresentare i Cotta. Dopo che Lucerna e Nidwalden con i loro comuni hanno riconosciuto che i Cotta non hanno rispettato gli articoli e le condizioni e quindi hanno annullato le lettere di concessione, ormai suffi­cientemente informati i Tre Cantoni hanno giudicato che la Valcuvia con tutti i suoi abitanti, territori, alta e bassa giustizia, giurisdizioni e banni do­vesse passare nelle loro mani e né i Cotta, né i loro discendenti o alcun altro non dovesse mai più averne diritto. Gli incaricati del cantone di Uni. dichia­rarono di non voler dissociarsi dagli altri due cantoni, anzi di voler unirsi_a questa dichiarazione. Lucerna, Uri e Nidwalden munirono con i loro sigilli questa dichiarazione.

 

Lucerna 1521, 10 dicembre.

…k) 1521, 3-4 dicembre (martedì sera e giorno di Santa Barbara). Thomas Schmid di Soletta, balivo di Locarno, agli incaricati dei XII Cantoni.

«… pure si è saputo che Gio.Ambrogio Cotta di Milano, signore nella Valcuvia, è andato nel borgo di Luino e ha chiesto di radunare la popolazione ecli farla giurare nel nome di Gerolamo Morone, commissario – reggente – guar­dasigilli di Milano, in nome del duca Francesco Sforza. Subito mi sono por­tato a Luino con dei compagni. Così ío e lo stesso Gio.Ambrogio ci siamo in­contrati e abbiamo concordato che egli non procedesse oltre nel raccogliere il giuramento della popolazione e che insieme chiedessimo istruzioni ai ri­spettivi governi, così da essere più ampiamente informati nei giorni seguen­ti… E anche ho trovato il popolo di Luino sollecito e quasi disposto a diven­tare nostro suddito: purché, qualora essi accettassero, non li si abbia poi ad abbandonare come un tempo accadde con notevoli danni. Signori miei, io penso che voi abbiate buon diritto su questa terra».

 

Lucerna – 1526, 20 marzo.

…b) La seguente lettera permette di ottenere più ampi ragguagli:«1526, 16 marzo. Gaspar Stalder, vogt di Lugano agli incaricati dei XII Can­toni. Col ricevimento della risposta di Antonio di Leyva, luogotenente impe­riale di Milano, della quale una copia è anche nelle mie mani, potete ben giu­dicare se tante buone parole (che essa contiene) siano degne di fede. La cosa migliore è la cautela poiché è da ritenersi certo che soldati a cavallo, da tem­po di stanza a Cantù, sono accampati a Eschilisaa [Arcisate?] presso Varese ed a Wa/dcur [Valcuvia?] presso Luino, dove sarebbero giunti 300 cavalli».

 

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1 BIZZOZERO, pp. 236 sg.; BONIFORTI, p. 110; MUONI, in CALVI S.V. Cotta; RONCARI, passim; POMETTA 1913, pp. 90-97.

2 Ci esimiamo dal citare i riferimenti agli Abschiede, facili da rintracciare negli estratti in appendice.

3Per l’interessante figura di Gio.Stefano Cotta, che fu anche discreto letterato ed autore di un carme sulla Valcuvia, si rimanda a ARRIGONI, MUONI cit., Verbani lacus (p. 84). È poi opportuno ricordare come i di lui fratelli Gio.Antonio I e Gio.Ambrogio I, uomini d’arme al servizio del ducato di Milano, avessero avuto parte di rilievo nelle vi­cende che, sul finire del XVI secolo, opposero le truppe del ducato stesso agli Elvetici Gio. Antonio I fu inviato presso i capitani delle truppe sforzesche a Domodossola e Locarno e partecipò alla battaglia di Giornico in cui i Milanesi vennero duramente sconfitti. Ne parla ampiamente POMETTA 1928, p, 155; a fig. 14 è riprodotto Io stemma dei Cotta quale appare dipinto su una ‘rotella’ (scudo rotondo in legno, probabilmente per parata) facente parte del bottino elvetico di Giornico e ancora conservato a Lucer­na. La stessa rotella figura in una recente pubblicazione della Società Svizzera di Aral­dica; cfr. CAMBIN. È questo lo stemma dei Cotta signori della Valcuvia mentre quello più noto, che figura nel volume del CALVI, è più tardo e relativo al ramo di Romano di Lombardia della famiglia; esso fu tratto, assai probabilmente, da uno schizzo conserva­to presso l’Archivio di Stato milanese, Araldica, c. 74. Gio.Ambrogio I, detto il Cottino, «strenuus vir» (ibidem) fu uno dei capitani milanesi che sconfissero gli Elvetici, coman dati da Albino Schinner, fratello del cardinale di Sion, nella cruenta battaglia del potte di Crevola, in Valdossola: si riporta che gli Elvetici vi persero duemila uomini (Muoni cit.; Verbani lacus, p. 57).

4Archivio di Stato Milano (ASMi), Sforzesco, carteggi, c. 626: così come le seguenti carte, sino al luglio 1513.

5Nel testo del trattato intercorso a Ginevra (Genf) il 7 novembre 1515 tra Fran­cesco I di Francia ed i Confederati e riportato negli Abschiede, figura un breve elenco di personaggi compromessi per l’appoggio dato agli Elvetici contro il ducato, per i quali si conviene di procedere con «favore e benevolenza». Tra questi figura un Gio­vanni Pietro de Ripa di Luino, certo quel «Gio.Pietro de Luijno» che comandò l’offesa alla rocca di Travaglia.

6 MORIGIA, p. 206.

7 ROSSI-POMETTA, pp. 133, 139.

8 Oltre agli Abschiede si veda POMETTA 1913, p. 91.

9 POMETTA 1913, p. 93.

10 La rocca di Orino è un’antica fortezza, di cui rimangono importanti e suggestivi resti, posta a 537 m slm su un colle dominante la Valcuvia, appena a monte del villag­gio che le dà nome; è costituita da un’ampia cinta quadrangolare (circa 50×100) con al­cune ‘torri ed i ruderi dell’antica rocchetta. Di pretesa origine romana, indicata dai vec­chi come «roca di Ariàn», appare citata per la prima volta in documenti del XII secolo relativi alla collegiata di S. Lorenzo di Cuvio. L’esame della struttura muraria porta a ritenere che in epoca visconteo-sforzesca si sia proceduto ad importanti lavori di ri­strutturazione e rifacimento. Citata nel carme sulla Valcuvia di Gio.Stefano Cotta (at­torno al ‘500), appare nella carta dello stato di Milano dovuta al Magini e pubblicata a Bologna nel 1620. In documenti del 1640 viene nominata come «roca tutta dirocata» e come «rocca diruta» figura nella mappa catastale del 1720, risultando di proprietà del­la famiglia Cotta (cui apparteneva il feudo della valle). Lavori di restauro vennero con­dotti all’inizio di questo secolo dall’allora proprietario Massimo Sangalli; l’attuale pro­prietaria, Piera Vedani Mascioni, sta procedendo ad un’importante attività di conser­vazione, rivalutazione e studio dell’antico maniero.

11 POMETTA 1913, pp. 93 sg.

12 ASMi, Sforzesco, Carteggi, c. 628 (settembre-dicembre 1513).

13 Lo stato di Milano aveva sviluppato, sino dall’epoca dei Visconti, un cel mo servizio di corrieri a cavallo o ‘cavallari’. Tale servizio era rigorosamente ri alla cancelleria ducale o, comunque, allo stato. Solo dopo il passaggio del ducale Spagna si arrivò ad un sistema di posta aperto anche ai messaggi privati. Si veda in A. rito, di V. SALIERNO, «Le poste a Milano nei secoli XV e XVI», numero di luglio-sto 1971 della rivista milanese La Martinella.

14 Secondo POMETTA 1913 (p. 97), i Rusca erano imparentati ai Cotta, avendo un Ercole Rusca (I 1517) sposato una Giovanna Cotta (che fu poi madre di Franchino Rusca). Di questa Giovanna non vi è notizia nella genealogia del MUONI relativa ai Cotta. Essa potrebbe derivare da un ramo della famiglia del tutto diverso da quello dei feudatari della Valcuvia; ad esempio quello detto di Milano, al quale apparteneva quel Giovanni Cotta che risulta luogotenente del podestà di Luino nel 1466.

15 ASMi, Sforzesco, Carteggi, c. 629, fasc. 95.

16 ASMi, Sforzesco, Carteggi, cc. 629 (gennaio-luglio 1514), 630 (agosto-dicembre 1514). Riteniamo che Galeazzo appartenesse al ramo di Pesaro degli Sforza (Diz. Enci­clopedico Italiano). Figlio naturale di Costanzo I, duca di Pesaro, fu governatore di Cre­mona nel 1513 e quindi ambasciatore presso gli Elvetici del duca Massimiliano; morì nel 1519. Notiamo per inciso come nei carteggi dell’epoca fosse usato il termine `ora­tore’ con significato di ambasciatore.

17 POMETTA 1928, p. 331; ID. 1913, pp. 97 sg.

18 Sulla data relativa al passaggio di terre e di borghi di confine dalla giurisdizione del ducato di Milano ai Confederati o, nei pochi casi in cui ciò avvenne, su quella del­la restituzione al ducato stesso si riscontrano, in quanto pubblicato sull’argomento, no­tevoli incertezze. Tali incertezze derivano sia dalla mancanza di documentazione sia dalle differenze che intercorrevano tra passaggio di fatto, eventuali atti di dedizione o giuramenti di fedeltà e riconoscimento formale sancito in un trattato. Come si rileva dagli Abschiede, ancora nel 1521 gli Svizzeri non avevano del tutto rinunciato all’annes­sione e le alterne vicende del dominio straniero in Lombardia poterono di volta in volta alimentare o deprimere le mire espansionistiche. Si comprende quindi come molto si sia dibattuto sui passaggi di sovranità di Brissago, Luino, Mendrisio. Circa il feudo di Luino, oltre a quanto pubblicato da E. POMETTA e dal BORRI (pp. 370 sg.), so­no apparse un’interessante «Cronotassi», nonché altre notizie, sull’almanacco luinese 17 Rondò per il 1991 (pp. 82-84). Un ultimo passo degli Abschiede, riportato in appendice, relativo a spostamenti di truppe nel 1526, sembra confermare la data tradizionale in cui si pone la rinuncia definitiva degli Svizzeri all’espansione in Lombardia.

 

Riferimenti bibliografici

Abschiede: Die Eidgenossischen Abschiede, anni 1500-1520, Band 3, Abt. 2, Luzern 1869; anni 1521-1528, Band 4, Abt. la, Brugg 1873.

V. ARRIGONI, «Il carme sulla Valcuvia di Gio. Stefano Cotta», Verbanus 11, 1990, pp. 25-31.

G.C. BIZZOZERO, Varese e il suo circondario, Varese, Ubicini, 1874.

L. BONIFORTI, Il lago Maggiore e i suoi dintorni, Milano, Brigoli, 1858.

L. BORRI, «Il congresso e il trattato di Varese nel 1752», in Documenti Varesini, Vare­se, Macchi e Brusa, 1891.

F. CALVI, Famiglie Notabili Milanesi, II,. voce «Cotta» compilata da M. Muoni.

G. CAMBIN, Le rotelle milanesi bottino della battaglia di Giornico, Svizzera di Aral­dica, Lucerna 1987.

P. MORIGIA, Historia della nobiltà et degne qualità del Lago Maggiore, Milano, 1603, ri­stampa anastatica Alberti, Intra, 1983.

E. POMETTA, Come il Ticino venne in potere degli Svizzeri, Bellinzona, Stab. tipo-litogr. già Colombi, I (1912), II (1913), III (1915).

E. POMETTA, La guerra di Giornico e le sue conseguenze/1478-1928, Bellinzona, Grassi, 1928.

G. RONCARI, Cuvio e la Valcuvia nella storia, a cura dell’Amm. Com. di Cuvio, 1986.

G. ROSSI – E. POMETTA, Storia del Canton Ticino, Lugano, S.a. Tipografica ed., 1941 (nuova edíz. Locarno, Dadò, 1986).

Verbani lacus. Il lago Verbano, corografia verbanese di D. MACANEO, L.A. COTTA, C.A. MOLLI; a cura di P. Frigerio, S. Mazza, P.G. Pisoni; Verbania Intra, Alberti, 1975.

Virgilio Arrigoni e Gianni Pozzi

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