La conferenza di Potsdam. I tre ‘grandi’

Berlino?

Impossibile, troppo disastrata.

Allora, Potsdam.

È nel castello della città brandeburghese che tra il 17 luglio e il 2 agosto 1945 si incontrano i cosiddetti ‘tre grandi’.

La guerra – la seconda mondiale – è finalmente giunta a termine.

Occorre tracciare le linee, raggiungere accordi quanto al futuro.

Winston Churchill, nell’occasione, rappresenta invero una potenza avviata al tramonto.

Il terribile conflitto 1914/18 aveva profondamente minato le basi e le strutture della Gran Bretagna.

La tragedia appena conclusa le ha divelte e ‘Winnie’ sa bene che in futuro per il suo Paese nulla sarà come prima.

Stalin è un pesce nell’acqua.

L’Unione Sovietica, per quanto malconcia e disastrata a dir poco, si avvia a dominare larga parte del suolo europeo.

Gli Stati che si trovano al di là di quella che sarà fra poco definita ‘Cortina di ferro’.

Harry Truman è del tutto certo del futuro mondiale dei suoi Stati Uniti (il cui suolo continentale, non va dimenticato, è intatto mai avendo subito attacchi nel corso degli anni 1941/45).

La guerra – l’impegno necessario a vincerla – ha guarito le profonde ferite della Grande Depressione, quelle ferite che il ‘New deal’ rooseveltiano, invero, aveva cercato di sanare peraltro riuscendovi parzialmente.

Il successore di Franklin Delano, l’ometto dai trascorsi decisamente poco limpidi nel natio Missouri, nel frangente, si fa le ossa a livello internazionale.

(Sarà incredibilmente e senza dubbio ‘grande’ nell’impegno a White House).

Tornando a Washington, lo coglie un’eco dei trascorsi al servizio della mafia di Kansas City e parlando di Stalin, con ammirazione, dirà “Mi ha ricordato il boss”, laddove il riferimento è all’appena defunto Tom Pendergast, l’uomo capace di dominare la malavita, il malaffare e la politica se non dell’intero Missouri almeno della Jackson County per lunghissimi anni, l’uomo al quale l’allora servizievole Truman deve in effetti successi e carriera.

Entrato in carica come vice presidente il 20 gennaio 1945, Harry, devoto, pochi giorni dopo, aveva partecipato in lagrime ai funerali di Pendergast, passato a miglior vita il 26 di quello stesso mese.

Un caso di vera e assoluta ‘menschheit’, quel particolarissimo rapporto di amicizia – di più, vera fratellanza – assolutamente maschile che unisce per sempre tra loro quanti hanno realmente vissuto insieme accadimenti, emozioni, momenti, assaporati e, per quanto discutibili siano o possano essere, indimenticabili.

Mauro della Porta Raffo