Gli scrittori e la Guerra di Spagna

di Emilio Sanz de Soto

(da Le monde diplomatique,  luglio 2016)

 

La Guerra di Spagna, uno dei più importanti accadimenti del trascorso Ventesimo secolo.

Dimenticata o ignota, dipende dalle generazioni.

Intendo in queste pagine celebrarne gli ottant’anni e

per cominciare, pubblico un interessante saggio breve

apparso di recente su Le monde diplomatique,

saggio che tratta uno dei temi più significativi,

l’incredibile, universale partecipazione, con le armi spesso, con la penna sempre, degli scrittori, da una parte o dall’altra schierati.

 

Mauro della Porta Raffo

 

 

 

Il 26 aprile 1937, ottant’anni fa, durante la guerra civile di Spagna (1936-1939), la piccola cittadina di Guernica, avamposto delle libertà basche, fu distrutta dall’aviazione franchista.

Era la prima volta, nella storia militare, che un agglomerato civile veniva raso al suolo da un bombardamento aereo.

Il mondo intero ne fu turbato.

Il pittore Pablo Picasso, sconvolto da tale assassinio di massa, dipinse nelle settimane che seguirono, la celebre tela che è considerata il suo capolavoro e al vertice della pittura del ventesimo secolo.

Ma furono soprattutto gli scrittori, spagnoli e stranieri, che reagirono a questa tragedia che seguiva di poco l’uccisione del poeta Federico Garcia Lorca.

Da dovunque i più grandi (così come molti cineasti) vennero in Spagna, qualcuno in sostegno del fascismo, la maggioranza in solidarietà alla Repubblica e le Libertà.

 

 

A più riprese, è stato detto che la guerra di Spagna (1) ebbe come funzione quella di risvegliare le coscienze addormentate di un’Europa indecisa.

Ma le coscienze erano poi così addormentate, l’Europa a tal punto indecisa?

Il Vecchio Mondo, a metà degli anni Trenta, appariva piuttosto inquieto per le politiche hitleriane che intimidivano terribilmente ma allo stesso tempo parevano irreali.

Senza alcun preavviso la guerra di Spagna cominciò.

E allora, il silenzio e la posizione di attesa di quelli che avrebbero dovuto portare aiuto alla Repubblica spagnola avvolsero il conflitto.

Questo tradimento delle democrazie risvegliò le coscienze.

Era giunto il momento, per voce degli intellettuali del mondo intero, di convertire la coscienza in esperienza (2).

Durante questo conflitto atroce, il comunismo così come il fascismo, le utopie anarchiche così come il cattolicesimo più reazionario, mostrarono il loro vero e tragico volto…

Questa scossa generò un insopprimibile sete di espressione letteraria.

La guerra di Spagna divenne, a conflitto ancora in corso, un tema popolare nelle principali letterature occidentali (3).

In Francia vi fu una reazione istantanea da parte di alcuni intellettuali. La notizia della rivolta dell’armata spagnola, il 17 luglio 1936, si era appena divulgata, che una donna, molto miope, con occhiali dalle lenti sorprendentemente spesse, e senza la minima conoscenza di strategia militare e  ancor meno dell’uso delle armi, apparve sul fronte improvvisato d’Aragon ( lì dove si svolge l’azione del film di Ken Loach, ‘Land and Freedom’) e riuscì a organizzare sul posto una brigata di venti volontari francesi, italiani, bulgari e spagnoli.

Questa donna, ricca, di grande statura intellettuale, ebrea, molto prossima del cristianesimo, che aveva rischiato di morire prematuramente in Inghilterra mentre fuggiva dalla persecuzione nazista, è una delle maggiori personalità pensanti del secolo ventesimo, Simone Weil.

Poco dopo, mentre il governo repubblicano non aveva reagito se non in modo confuso alla rivolta del generale Franco, André Malraux, a suo rischio e pericolo, si presentava al presidente Manuel Azana, mettendolo al corrente della sua intenzione di creare una squadra aerea, composta da piloti volontari.

La ragione di questo gesto?

“Sono convinto, scriverà, che le grandi manovre del mondo contro la libertà siano appena cominciate”.

Dalla sua esperienza al comando di questa squadra nascerà un romanzo esemplare: ‘L’Espoir’.

Malraux racconta delle realtà concreta vissuta durante questa esperienza.

Soddisfa il grande desiderio di qualsiasi scrittore di tradurre letterariamente fatti reali.

Nella primavera del 1937, in coincidenza con la distruzione di Guernica, appare dunque ‘L’Espoir’.

Questo romanzo così precoce, uno dei primi scritti su questa guerra, rimane senza alcun dubbio quello che resiste meglio al peso del tempo.

Al proposito, il grande romanziere cubano Alejo Carpentier, anch’egli presente in Spagna in quell’epoca, dice: “La coscienza dell’eroe di Malraux, ne ‘L’Espoir’, è una azione che non obbedisce ad alcun limite e che non ne avrà forse mai: in ciò risiede la sua legittimità”.

 

 

Paul Claudel e ‘L’ode a Franco’.

La ricerca dei limiti e della verità fu particolarmente lacerante per gli scrittori cattolici francesi.

La guerra sorprese George Bernanos e la sua famiglia a Palma di Majorca, alle Baleari.

In questa città, occupata dai franchisti, George Bernanos, come cattolico, visse dolorosi problemi di coscienza nel constatare che, in nome della croce e di una cosiddetta ‘crociata’, venivano fucilati puri innocenti.

Il suo libro ‘Les Grands Cimetières sous la lune’ (1938), testimonia questo stato d’animo.

Georges Bernanos, così come Francois Mauriac o ancora Jacques Maritain, tutti e tre grandi intellettuali cattolici, vennero censurati e interdetti dal regime del ‘molto cattolico’ Franco.

Di contro, scrittore cattolico francese in accordo con il franchismo, Paul Claudel fu l’autore di una pietosa ‘Ode a Franco’.

Due altri scrittori collaborarono apertamente con la Germania nazista e fecero una tragica fine.

Si tratta di Robert Brasillach e di Pierre Drieu La Rochelle.

Robert Brasillach si esprime in modo tristemente e penosamente esaltato, così come alcuni scrittori spagnoli fascisti di quegli anni, come Rafael Garcia Serrano, autore di ‘Eugenio o Proclamacion de la Primavera’.

I titoli dei libri di Brasillach – ‘Les Cadets de l’Alcazar’ (1936), ‘Le Siège (l’assedio) de l’Alcazar’ (1939) – evidenziano il tono entusiasta del difensore del franchismo.

Il suo migliore romanzo, frutto del suo ‘fascismo romantico’, fu ‘Les Sept Couleurs’ (1939).

Imprigionato al momento della Liberazione, appellandosi ai suoi ideali fascisti un po’ primitivi, venne fucilato nel 1944.

L’opera di Pierre Drieu La Rochelle autore di quel piccolo capolavoro (così profetico) che si intitola ‘Feu follet’ (1931), appare qualitativamente superiore.

Il suo romanzo più ambiguo è senza dubbio ‘Gilles’ (1939).

Il protagonista, un ‘cristiano per noia’ pensa che occorra, di fronte allo spettacolo così triste e ridicolo di una borghesia che annega nei propri falsi valori, resuscitare l’antica ‘mistica d’Europ’ per la via più diretta.

Il ritorno ai nazionalismi.

Come ha potuto un autore con la sensibilità di Drieu cadere nella trappola così penosa dei nazionalismi?

Si suiciderà nel 1945.

L’altro paese d’Europa in cui la guerra suscita un interesse immediato è la Gran Bretagna.

Il grande poeta Stephen Spender annota nella sua corrispondenza: “L’Inghilterra ci appariva come una massa tanto potente quanto inerte. Presentivamo, senza alcuna ragione apparente, la sua decadenza.

Eravamo stanchi.

Avevamo vissuto gli anni d’università come un lusso inutile.

L’università non ci era servita ad altro che ad incontrare altra gente preda di una lassitudine e di una stanchezza simili, con il desiderio insopprimibile di convertirsi in dissidenti; ma dissidenti da cosa?

Da tutto e da niente.

Ci facevamo chiamare comunisti, ma non recepivamo nulla dei discorsi che volevano parere intellettuali e altro non erano che puri discorsi senza capo né coda, eccetto che su un punto: destava in noi vera e grande preoccupazione il semi-innamoramento di alcuni dei nostri politici per Hitler.

Fino al giorno in cui la guerra di Spagna scoppiò; in quel momento, allora, il nostro orizzonte si schiarì, si illuminò.

E’ così che tutto è cominciato…”.

Secondo lo storico Hugh Thomas, ci furono duemilatrecento combattenti inglesi nella guerra in Spagna.

Tra il 1936 e fino al 1939 , scrissero qualcosa come settecentotrenta romanzi, raccolte di poemi e racconti per la stampa…

Ciò indusse Hugh Slater a definire questo conflitto come ‘guerra di scrittori’ e Hugh Ford parlava di ‘guerra di poeti’ (a poet’s war).

In effetti, alcuni dei più grandi poeti inglesi contemporanei sono legati a questa guerra.

In primo luogo, W.H.Auden e il suo lungo poema ‘Spain’, pubblicato nel 1937, che determina l’inizio della poesia inglese moderna, impegnata e combattiva.

Altri scrittori dopo Auden: Stephen Spender, Louis Mac Niece, Roy Campbell (il quale curiosamente sceglie il campo franchista).

Possiamo citare anche Julien Bell, figlio del critico d’arte Clive Bell e della pittrice Vanessa Stephen, sorella di Virginia Woolf, e che fece parte della scuola poetica di Boomsbury.

Julien Bell morì mentre guidava un’ambulanza durante la battaglia di Brunete.

Così come il suo amico, il giovane poeta John Cornford, figlio della poetessa Frances Cornford e dell’illustre professore di Cambridge E.M.Cornford.

Tra i romanzi, i documenti e le memorie pubblicate durante i primi anni del conflitto, ce ne furono molti scritti da donne.

In primo luogo ‘Storm over Spain’ (Tempesta sulla Spagna) di Mairin Mitchell, cattolica irlandese, favorevole ai separatismi; ‘Search Light on Spain’ (Pieno fuoco sulla Spagna) della duchessa d’Atholl, aristocratica favorevole ai comunisti; ‘Death in the Morning’ (Morte all’alba) e ‘Painted Bed’ (Il letto dipinto), due romanzi di Helen Nicholson (baronessa di Zglinitzki), totalmente a favore di Franco; ‘Authors Take Sides’ (gli Autori scelgono il loro campo), di Nancy Cunard, milionaria eccentrica, ereditiera della Cunard Line, favorevole alla Repubblica; ‘Dancer in Madrid’ (Danzatrice a Madrid) di Janet Reisenfeld, moglie del cineasta di sinistra spagnolo Luis Alcoriza, sceneggiatore di Luis Bunuel e realizzatore di importanti film messicani…

Tutti questi romanzi furono pubblicati tra il 1937 e il 1938.

Le migliori testimonianze sono quelle di due grandi poeti: ‘The Strings were False’ (1966), di Luis Mac Niece che ci offre una visione molto aderente, complessa, di una Spagna lacerata; e poi un libro molto curioso: le memorie di Stephen Spender, ‘Word within Word’ (Un mondo dentro il mondo), del 1951, nel quale Spender narra come ha trascorso tutta la guerra di Spagna cercando il suo amante omosessuale, disertore delle Brigate internazionali…

Ma, indiscutibilmente, i maggiori autori della letteratura inglese legata alla guerra di Spagna sono Arthur Koestler e George Orwell.

Arthur Koestler circondava la sua persona di un alone particolare e misterioso che creava nel lettore un desiderio insopprimibile di leggere i suoi testi.

Con Ilia Ehrenbourg, è uno dei più grandi giornalisti/scrittori del secolo. Arthur Koestler, d’origine ebraico/ungherese, fu spedito a Parigi dal Partito comunista sovietico e, via Parigi, finirà in Spagna, ufficialmente come giornalista.

Quando i repubblicani battono in ritirata a Malaga, Koestler, inspiegabilmente, rimane nella città andalusa e viene fatto prigioniero dai franchisti.

“Un prigioniero molto particolare”, dirà il generale fascista Queipo Del Llano che utilizzerà tutte le torture possibili per strappargli una confessione coerente.

Il governo inglese allora intervenne e, sorpresa, ottenne la sua liberazione.

Da questa esperienza nascerà una delle opere più celebri su questo conflitto: ‘The Spanish Testament’ (Un testamento spagnolo), pubblicato nel 1938.

In questo libro, che ebbe forti ripercussioni, Koestler definisce il conflitto di Spagna come “guerra fatta di tragedie e non di battaglie”.

Racconta come, trovandosi faccia a faccia con la morte giorno dopo giorno, durante il periodo delle torture inflittegli dal generale/carnefice, abbia trovato la libertà.

I suoi ideali comunisti gli apparivano improvvisamente manichei e elementari.

Appena liberato, prende, perciò,  la decisione di rompere con il Partito e di iniziare l’apprendistato della solitudine.

Comincia allora il suo periodo anti-comunista.

Rinnega la sua opera precedente, riscrive perfino lo ‘Spanish Testament’ e ottiene, nella Spagna franchista, un successo molto rilevante con ‘Darkness at Noon’ (Lo Zero e l’Infinito) pubblicato nel 1940.

George Orwell, autore di ‘Homage to Catalonia’, 1938, ha saputo suscitare nel tempo un indiscutibile rispetto.

Sparito il fascismo, il comunismo e l’anarchismo libertario dall’Europa, il suo libro acquisisce una portata simbolica.

Fu l’ultimo grido disperato per la sopravvivenza della libertà.

In tal modo, in particolare i Britannici, lo considerano oggi.

Ne è prova il successo ottenuto da Ken Loach con il suo film ‘Land and Freedom’, tratto dal testo di Orwell.

Quando George Orwell giunge in Spagna come volontario, si arruola, un po’ a casaccio, nelle milizie del POUM (Partito Operaio di Unificazione Marxista).

E a quel punto i suoi ideali divengono realtà.

Ben presto si convince che il Partito comunista è la principale organizzazione contro-rivoluzionaria.

Afferma: “Il governo repubblicano temeva più la rivoluzione che non i fascisti”.

A Barcellona, comunisti e anarchici si uccidono a vicenda e George Orwell ne trae la pessima conclusione che l’unità della sinistra sia impossibile “a causa della natura stessa della sinistra”.

Malgrado le sue disillusioni, Orwell ritiene che la guerra di Spagna avesse uno scopo principale tanto sacro quanto inalienabile: la libertà.

Quando scoppia il conflitto spagnolo, negli Stati Uniti, un fermento sociale autentico promana già dalla letteratura nord americana.

Era soprattutto palpabile negli autori come John Don Passos, Richard Wright o John Steinbeck.

I membri della Lega degli Scrittori Americani, in grandissima maggioranza, erano ardenti difensori della Repubblica spagnola.

Incoraggiarono molti dei loro compatrioti ad arruolarsi nella mitica brigata Lincoln che poi, al fronte, si coprirà di gloria.

La stampa, di contro, non sostiene la Repubblica aggredita; la potente catena Hearts (il ‘Citizen Kane’ di Orson Welles) denunciò costantemente, durante tutte le ostilità, il ‘terrore rosso’ in Spagna.

Il primo romanzo interamente dedicato al conflitto fu ‘The Life and Death of a Spanish Town’, di Eliot Paul, che fu colto anch’egli dalla guerra mentre si trovava alle Baleari e che, come Bernanos, fu orripilato dalla crudeltà dei fascisti all’indirizzo dei contadini e dei pescatori.

Due romanzieri, entrambi grandi conoscitori della Spagna, si imposero all’attenzione: Ernest Hemingway e John Dos Passos.

Già nel 1922, l’autore di ‘Manhattan Transfer’ pubblicava ‘Rosinante To the Road Again’ (Rosinante di nuovo sulle strade), in cui, attraverso lo sguardo innocente di un turista curioso, presentava l’immagine di una Spagna non convenzionale.

John Dos Passos torna in Spagna nel 1937 per scrivere il commento del film di Joris Ivens, ‘The Spanish Earth’ (Terra di Spagna).

Ha appena poggiato il piede sul suolo spagnolo quando apprende che il suo amico, il professor José Robless, è stato giustiziato dai comunisti.

Dopo questa tragedia, anch’egli rinnegherà il marxismo.

Abbandona il film di Joris Ivens e ritorna negli Stati Uniti dove scrive un romanzo violento: ‘Adventures of a Young Man’ (1939).

Ripercorre in questo libro l’evoluzione di Glenn Spotswood, un giovane uomo, sindacalista convinto, ma che, ad un certo punto, comincia a diffidare del politichese, linguaggio utilizzato dal partito comunista e dei suoi metodi vicini all’indottrinamento religioso.

Tuttavia, all’ora della verità, diventa volontario e si arruola nelle Brigate Internazionali.

Giunto in Spagna, sul fronte, eccolo accusato e imprigionato per supposta simpatia nei confronti dei trotzkisti.

Appena libero, ritorna in battaglia e sarà ucciso durante una missione suicida.

Dos Passos   scriverà : “In epoca di ideologie ingannevoli, la speranza di un uomo di buona volontà non ha alcuno spazio nell’azione collettiva”.

La posizione di Ernest Hemingway in ‘Whom The Bell Tolls’ (Per chi suona la campana, 1940) è più ambigua.

Il suo eroe, Robert Jordan (Gary Cooper nel film di Sam Wood), è, come nei suoi altri romanzi, un personaggio al quale l’autore avrebbe amato somigliare.

Spogliandolo di ogni spessore ideologico Hemingway non gli lascia altro che l’onestà per affrontare la guerra che sarà “l’avventura della sua vita”.

Un concetto dell’avventura “un po’ ingenuo”.

L’interesse di Hemingway per la Spagna non era passeggero o dettato dalle circostanze, frutto di una guerra che risvegliava le coscienze del mondo.

Ben prima fin dal 1926, aveva pubblicato ‘The Sun also Rises’ poi ‘Death in The Afternoon’ (Morte nel pomeriggio) nel 1932.

Altri romanzieri americani andarono in Spagna, in particolare Upton Sinclair autore di ‘No Pasaran!’ e ‘A Story of a Battle of Madrid’; e poi anche il padre del realismo Theodore Dreiser e inoltre Erskine Cadwell e Malcom Cowley.

Tra i circa tremila Americani che combatterono nelle brigate internazionali ci furono anche alcuni notevoli scrittori molto giovani.

Tra quelli uccisi in combattimento non possiamo dimenticare due giovani poeti: Sam Levinger, morto a Belchite e Joseph Seligman, durante la battaglia del Jarama.

Avevano vent’anni.

Tra i numerosi combattenti nelle Brigate che scrissero poi le loro memorie (Steve Nelson, John Gates, Sander Voros, Edwin Rolfe, ecc.), bisogna ricordare un nome: quello di Alvah Bessie, il grande sceneggiatore hollywoodiano autore di un testo esemplare, ‘Men in Battle’.

Finita la guerra, Alvah Bessie pubblicò ‘The Heart of Spain’, una antologia di testi molto intensi.

Ci furono anche scrittrici come la grande Lillian Helman, la giornalista Anna Strong che pubblicò una biografia molto polemica de La Pasionaria.

Alcuni autori si distinsero per la loro posizione favorevole ai franchisti , come lo scrittore cattolico Hazel Sholley con ‘Night Falls’ (1939) oppure il fascista demente Robert J.C.Lowry, con ‘Defense in University City’ (1938) che suscitò la critica entusiasta di Ezra Pound.

Tra gli scrittori russi, un nome si impone: Ilia Ehrenbourg di cui Hemingway scriveva: “sembra faccia la guerra per conto suo”.

Scampò miracolosamente a tutte le purghe staliniane.

Come lui stesso ha scritto, nelle sue preziose memorie, nessuno lo inviò a combattere in Spagna; era già sul posto dato che era amico di Rafael Alberti, di Pablo Neruda…

Ilia Ehrenbourg è prima di tutto, uno scrittore.

E uno dei più grandi giornalisti del nostro tempo.

Si autoproclamò corrispondente delle Izvestia e aveva visitato la Spagna fin dal 1930, successivamente pubblicando ‘Spagna, Repubblica dei lavoratori’.

Fin dal 1937 pubblica ‘Ciò di cui l’uomo ha bisogno’, un romanzo breve, curiosamente molto simile a ‘L’Espoir’ di Malraux.

Le sue memorie costituiscono il suo vero testamento.

Vi ripercorre in dettaglio i dibattiti intellettuali sulla guerra di Spagna. Come sia riuscito ad evitare le purghe di Stalin rimane un mistero.

Molti altri – come Babel, Pilniak, Koltsov – non ebbero altrettanta fortuna.

L’altro grande nome del giornalismo e della letteratura russa, presente in Spagna durante le ostilità, fu Mihail Koltsov, una delle firme più brillanti della Pravda.

Nel 1931 aveva già visitato il Paese.

In ‘La Primavera spagnola’, racconto del suo viaggio, erano presenti le più importanti personalità di Madrid di quell’epoca: Azana, Prieto, Pio Baroja, Unamuno…

Nel 1936, ritorna in Spagna, sempre come corrispondente della Pravda. E nel 1938, pubblica un appassionante giornale della guerra di Spagna.

Quando torna a Mosca, viene eletto deputato nel Soviet supremo, nominato membro dell’Accademia delle Scienze dell’URRSS e ricoperto di medaglie.

Un anno e mezzo dopo viene arrestato e, nell’aprile del 1942, Stalin lo farà fucilare senza processo.

Riabilitato nel 1957, il suo giornale sarà nuovamente edito.

 

 

Bertolt Brecht e Nikos Kazantzakis

Per parte loro, gli scrittori tedeschi, che fossero comunisti come Ludwig Renn o vicino ai fascisti come Ernst Junger, non colgono nella guerra di Spagna altro che la pura allegoria di uno sforzo inutile.

A parer loro, la Spagna è un paese in preda all’anarchia (intendono dire, al disordine e al caos) che si consuma da sé.

Quando Ludwig Renn, pubblica nel 1954, a Berlino est, il suo proprio testamento spagnolo, ‘Der Spanische Krieg’ (La guerra di Spagna), la sua opinione è molto decisa:  “la sinistra comunista perde qualsiasi possibilità di diffondersi in Spagna, non a causa del fascismo internazionale ma a  causa di questa cancrena interiore, così profonda nel popolo spagnolo e così apprezzata dagli Inglesi, che è l’anarchismo”. Ernst Junger vede le cose allo stesso modo di Renn ma da un punto di vista opposto.

“Il disordine spagnolo esige un ordine interiore che genera un ordine sociale all’interno di un nuovo ordine internazionale”.

Tra le opere degli esiliati antinazisti, il libro di Herman Kesten, ‘Die Kinder von Gernika’ ( I bambini di Guernica), relaziona di una dolorosa storia dei sopravvissuti di una famiglia – gli Espinosa – che fuggono alla ricerca di un rifugio dopo che la loro casa è stata abbattuta dalle bombe della Luftwaffe sganciate su Guernica.

Scrive questa storia in prima persona e ci offre la testimonianza di uno dei figli Espinosa, in seguito adottato da una coppia di francesi che accoglierà allo stesso modo un giovane emigrato tedesco.

L’autore stabilisce un eloquente parallelo tra le tragedie di questi due giovani e la brutalità del fascismo nell’Europa degli anni Trenta.

Il grande drammaturgo di sinistra Ernest Toller, esiliato negli Stati Uniti, si imbarca, nel mese di luglio del 1937 per la Spagna colmo di speranza per assistere al celebre congresso degli intellettuali antifascisti di Valencia.

Lì, diventa cosciente della crisi dei suoi ideali.

Di ritorno negli Stati Uniti, preso atto dell’indifferenza del governo americano di fronte alla tragedia europea, si suicida nella solitudine dell’oblio.

Thomas Mann lotta anch’egli fin dal suo esilio nord-americano per trasmettere l’idea che in Europa si stia giocando l’avvenire dell’umanità.

Animati dai suoi stessi sentimenti, i suoi figli, Erika e Klaus, pieni di fervore, decidono di partire per la Spagna.

Vogliono essere testimoni del dramma e difendere anch’essi la libertà.

Né Erika né Klaus vennero presi molto sul serio dagli intellettuali new-yorkesi dell’epoca.

Da allora, sono stati entrambi riabilitati.

Nel 1952, dopo il suicidio di Klaus Mann, vennero pubblicate le sue memorie, ‘Der Wenderpunkt’ (Il tornante), nelle quali racconta lungamente del suo soggiorno in Spagna durante la guerra come di una delle esperienze che diede un senso alla sua vita.

Gli scrittori cattolici tedeschi, come la maggior parte dei francesi , adottarono, contrariamente a ciò che si pensa, una posizione radicalmente anti-fascista condannando i totalitarismi anti-cristiani: “Dio ama il mondo nella sua globalità perché è imperfetto”.

E’ in questa ottica che agisce il personaggio principale di ‘Wir Sond Utopia’ (1942), di Stefan Andres.

Questo romanzo presenta alcune similitudini con un altro racconto tedesco e cattolico, pubblicato nel 1931, prima della salita al potere di Hitler: quello della baronessa Gertrud von Le Fort, ‘L’ultima sul Patibolo’, che fu trasformato per il teatro da Georges Bernanos con il titolo di ‘Dialogo delle carmelitane’.

Sul modello di Bianca che, infedele per paura, accetta la sua propria morte così come quella dei suoi compagni come unica salvezza davanti a Dio, Paco, rinnegato carmelitano, arriva davanti al suo vecchio convento (convertito dai repubblicani spagnoli nella prigione per detenuti franchisti, prossimi all’esecuzione capitale) e lascia che vengano fucilati i prigionieri mentre avrebbe potuto salvarli.

Lui stesso si immola, non senza aver prima assolto tutti i suoi compagni dato che questo potere gli era stato conferito da Dio…

L’apporto della letteratura tedesca comprende anche, ben inteso, un’opera che, dalla fine della guerra si può dire non sia mai stata assente dai  teatri del mondo: ‘Die Gewehre Frau Carrar’ (I fucili di Madre Carrar, di Bertolt Brecht.

Opera nella quale le grida indignate di Teresa Carrar si levano contro la menzogna e l’ipocrisia dei Paesi democratici e la loro neutralità fittizia nel conflitto spagnolo.

Nell’Italia di Mussolini vi sono poche tracce letterarie riguardo questo conflitto.

Essenzialmente, due romanzi: ‘Michele a Guadalajara’ di Francesco Jovine e soprattutto ‘Gli zii di Sicilia’ (raccolta di tre racconti) del grande Leonardo Sciascia.

Entrambi raccontano la storia di ragazzi giovani che ingannati dalla propaganda fascista, si arruolano nel corpo di spedizione italiano.

Scopriranno sui fronti spagnoli, la triste verità sociale, cruda e violenta, del fascismo.

Non dobbiamo dimenticare che in Italia le cose erano falsificate in modo teatrale e drammatico.

Tuttavia, un autore italiano, Elio Vittorini, coglie in questo conflitto una svolta della storia.

Nel suo, ‘Conversazione in Sicilia’, pubblicato nel 1939, in semi-clandestinità.

Questo libro segna l’inizio della letteratura post-bellica.

In Grecia domina su tutti un nome: Nikos Kazantzakis.

L’autore fu un viaggiatore molto particolare nelle terre spagnole prima e durante la guerra civile.

Da questa esperienza trasse una commovente testimonianza in ‘Spagna e viva la morte’, libro imparziale e allo stesso tempo potente e appassionatamente determinato a difendere la libertà.

L’elenco potrebbe proseguire, con scrittori nordici, latino-americani, asiatici e africani che hanno partecipato, anch’essi, alla guerra di Spagna.

Questo conflitto divise il mondo tra fascisti e anti-fascisti, spaccatura che a sua volta divise l’universo degli intellettuali e particolarmente nella dimensione letteraria.

In quasi totale maggioranza, gli scrittori – al seguito di Malraux, Hemingway, Orwell, Ehrenbourg, Vittorini, ecc – scelsero di difendere la Repubblica e i suoi valori contro ciò che veniva percepito come il pericolo principale negli anni Trenta, minaccia al proprio paese e alla creazione artistica: il nazismo antropofago e liberticida.

 

Emilio Sanz De Soto

Scrittore e saggista, Madrid; professore di civiltà, letteratura e cinema spagnoli all’Università di New-York.

 

(1)      – Sul conflitto leggere il Dossier: “Sessant’anni fa, la guerra di Spagna”, le Monde Diplomatique, febbraio 1996.

(2)      – Circa l’atteggiamento degli intellettuali di fronte alla guerra di Spagna, leggere René Bayssière: “Quando gli intellettuali si infiammano per una causa”, le Monde Diplomatique, luglio 1996.

(3)      – Non toccheremo in questo articolo la letteratura spagnola e i contributi molto importanti degli scrittori nazionali sul tema della guerra civile, principale avvenimento storico nella Spagna degli ultimi tre secoli.

 

 

Traduzione di Henry-Claire Nicoullaud