Era refosco!

Nel 1931, dopo avere vagato in cerca d’avventura – dedito, soprattutto, al gioco e alle donne – tra Milano, Nizza, Lione e Parigi, il diciottenne Piero Chiara, cedendo alle insistenze della madre che gli chiedeva di mettere finalmente la testa a partito, riprese gli studi a suo tempo interrotti e, bene o male, riuscì a strappare una licenza.

Forte del pezzo di carta finalmente raccattato, sempre per far contenta mamma Virginia, partecipò ad un concorso per centonove posti di ‘aiutante volontario di cancelleria’ nell’Amministrazione Giudiziaria del Regno.

Per quanto, come si conviene, ultimo in graduatoria, vinse e si ritrovò ad iniziare la sua ‘carriera nella Giustizia’ in Friuli, precisamente a Pontebba.

Fu lì o forse a Cividale, dove fu poco dopo trasferito, che, accortosi di essere ignorante in materia e di non distinguere un vino dall’altro, decise di impratichirsi nell’arte del bere.

Maestro gli fu un vecchio cancelliere che, in mesi e mesi di duro lavoro, cercò di trasmettergli, in materia, ogni e qualsiasi nozione della quale fosse in possesso.

Una mattina, arrivato come  al solito trafelato e in ritardo in Pretura, Chiara venne a sapere che l’amico, sentitosi improvvisamente mancare, era andato a casa a riposare. Preda di un triste presentimento, corse a più non posso verso la sua abitazione. Arrivato che fu e accortosi che la porta d’ingresso era solo accostata, la spinse ed entrò direttamente in camera da letto.

Là, riverso, giaceva morto il vecchio cancelliere.

Sul comodino vicino al letto, un bicchiere di vino mezzo pieno.

Chiara si avvicinò, ne sentì il profumo e, poi, lentamente, l’assaporò. Non v’era dubbio alcuno: era refosco!

Quando, molti e molti anni orsono, sentii Piero raccontare questo lontano episodio della sua giovinezza, subito, per collegamento d’idee, mi vennero in mente gli ‘uomini libro’ di ‘Fahrenheit 451’.

Mauro della Porta Raffo