Elogio dell’h

Acca, discreta consonante  muta,

alla quale il grammatico rifiuta

anche un posto minuscolo nel chuore,

io sarò, se permetti, il tuo cantore.

Non temere, non sono

uno di quei poeti del languore,

delle lacrime e della decadenza

crepuscolari, ipocriti, intimisti,

che versan su di te le loro tristi

finte lacrime e, fatta la violenza

su di te, silenziosa e riluttante,

povera consonante  senza suono,

te che non puoi parlare,

lasciano sola in misero abbandono.

Loderò l’ammirabile ritegno

che dimostri astenendoti dal vano

rumor comune alle teste di legno

che  di scarsa sostanza è sempre il segno.

Lontana dall’inutile baccano

che fan le tue sorelle  palatali,

sibilanti, dentali e gutturali,

la modestia è il tuo regno.

Il tuo lieve sospiro

signorile ed  ironico,

quasi un cenno furtivo,

è quel che in te più ammiro.

Tacita viaggiatrice senza nome,

grande dama in incognito,

tu sola sei che mi riscatti intera

la parola “chimera”.

Alberto Indelicato