Due ruote per Piero Chiara

Il lago?

Beh, certo, il lago…e, quindi, il nuoto, il remo, la vela…

Ecco, per quanto esistano alcune immagini che lo ritraggono, giovane e impreziosito da due sottilissimi baffi, in posa da boxeur, a torso nudo e pugni sguainati, non mi sembra che Piero Chiara coltivasse altri interessi sportivi, né, in genere che lo sport lo entusiasmasse particolarmente.

Di più, aborriva ogni tipo di attività fisica arrivando a sostenere che per vivere a lungo fosse necessario muoversi pochissimo, come i cardinali che, diceva, proprio per questo, sono da annoverare tra i maggiormante longevi.

Attento ad osservare l’uomo, ebbe comunque a vergare pagine interessanti a proposito, per esempio, di Alfredo Binda che apprezzò decisamente non per le sue straordinarie doti agonistiche ma per quelle umane e morali, altrettanto eccezionali.

Era conseguentemente del tutto imprevedibile quel che accadde all’incirca alla metà degli anni Sessanta, allorquando, inopinatamente, Chiara si impose sullo schermo televisivo come un vero e grande esperto di ciclismo in grado di indovinare spesso andamento ed esito delle tappe del Giro d’Italia al momento in corso di svolgimento che, con la consueta verve, illustrava verso la fine del telegiornale in onda all’ora di pranzo.

In quei lontani anni, due essendo ancora soltanto i canali tv, gli ascolti in genere erano necessariamente altissimi e ancor di più quelli dei tg e la fama di Piero, per conseguenza e soprattutto in ragione del fatto che azzeccava di sovente i pronostici, crebbe a vista d’occhio.

Motivo ulteriore di interesse, la circostanza che nello svolgere le proprie argomentazioni sul percorso della frazione in esame così come nell’indicare i favoriti per la vittoria, invariabilmente, il Nostro favoleggiasse di un certo “Zanzi Augusto” (sic! sempre cognome e nome nell’ordine), a suo dire un vecchio e dimenticato faticatore delle due ruote, che gli spettatori (varesini, ovviamente, esclusi) e i giornalisti che sui quotidiani si intattenevano al riguardo ritenevano fosse una sua brillante invenzione.

Zanzi, per il vero, esisteva eccome.

Ex corridore di discreto livello capace di illustrarsi al Tour de France tanto da meritare in un particolare frangente una dignitosissima classifica finale, gestiva in pieno centro a Varese un negozio di biciclette che tutti gli appassionati bosini delle due ruote conoscevano.

“Zanzi Augusto” qua, “Zanzi Augusto” là, arrivata che fu l’ultima tappa, il telegiornale si collegò con la Città Giardino e l’anziano, competentissimo ciclista ebbe l’onore della ribalta che, emozionato ma sostenuto dallo studio dall’amico Chiara, affrontò con onore, proprio come aveva fatto alcuni decenni prima con le Alpi e i Pirenei francesi.

Di ciclismo, Piero si interessò ancora un paio d’anni dopo, seguendo il Giro in coppia con un all’epoca giovanissimo Giorgio Lotti.

Bellissime sue pagine e splendide foto del grande Giorgio apparvero così sul settimanale Epoca a segnare il canto del cigno del Chiara ‘sportivo’.

Tutto quanto or ora narrato mi era tornato alla mente una prima volta nell’aprile del 2001, allorquando scoprii che i nipoti del mitico Augusto (scomparso, ahinoi, da molti anni) avevano deciso di chiudere per sempre l’esercizio.

Se ne andava allora, senza possibile rimedio e travolto dall’inesorabile trascorrere del tempo, un altro pezzo della cara e vecchia Varese di una volta e al testimone non restava che segnalarlo con un groppo in gola e un sussulto al cuore.

Mauro della Porta Raffo