Da Cazzone a Figazzo

Ho qui davanti il bel volume di Luigi Stadera ‘Il sale della terra’, dedicato, come recita la copertina, alle “memorie del mondo contadino nella tradizione dialettale della Lombardia nord-ovest” e, nello scorrerlo con indubbio godimento, vedo, giustamente, più volte citato il nome di Piero Chiara.

E così, sull’onda degli infiniti proverbi e modi di dire dialettali riportati e sviscerati con grande dottrina da Stadera, eccomi alla ricerca, tra le pagine, della frase che, ai tempi della nostra prima frequentazione, invariabilmente, Piero mi ripeteva tutte le volte che si accingeva a fare scopa nei testa a testa che avevamo al tavolo da gioco.

“Va me l’è bell…” diceva e la sua voce lasciava intendere che, volendo, c’era ben altro da aggiungere.

Dopo aver sopportato più volte quella specie di maledizione (tali erano per me quelle parole coincidendo sempre con un punto perso), gli chiesi cosa diavolo ci fosse di sottinteso e Chiara, che, certo, non aspettava altro, con un largo sorriso: “… far anda’ l’usel”, concluse.

‘Le memorie del mondo contadino’ di Stadera mi portano anche a ricordare quella bella storia di frontiera che Piero amava ripetere (e che, forse, scrisse, anche se non ne sono certo) a proposito di Cantello.

Ancora nello scorso Ottocento, ben dopo la costituzione del Regno d’Italia, quel paese conservava l’antico nome di Cazzone, come fedelmente riportano le carte geografiche dell’epoca o, per lo meno, quelle talmente particolareggiate da comprendere anche i piccoli centri dell’attuale provincia varesina.

A quel che narrava Chiara, a nessuno sarebbe venuto in mente di cambiare quel nome se non fosse intervenuto un fatto del tutto nuovo ed imprevedibile.

Con la formazione del Regno e con la costituzione delle Armi nazionali (dall’Esercito alla Polizia, alla Guardia di Finanza, ecc.) capitò che in quella zona di frontiera trovasse collocazione un insediamento di Guardie di Finanza.

Ora, come del resto accade ai nostri giorni, la composizione del Corpo in questione era dovuta, per la maggior parte, a militi delle regioni meridionali della nostra penisola per i quali il nome del paese aveva un ben chiaro significato dispregiativo..

A Cazzone arrivarono, così, i vari Esposito, Liotta e via elencando.

Tutto bene fin quando gli stessi non dovevano comunicare a casa, ai propri familiari, il loro indirizzo che evidentemente veniva a suonare pressappoco così: caporale Esposito Salvatore, Cazzone.

Insopportabile!

E, naturalmente, ancora più deprimente era ricevere da casa e dagli amici lettere, di volta in volta, di meraviglia, di rammarico o di presa in giro.

Rapidamente la protesta montò e, con essa, la richiesta immediata di trasferimento ad altra sede.

Vista la situazione, da più parti si pensò alla necessità di un cambiamento del nome del paese ma, nell’attesa, era pur necessario trovare altra collocazione ai furenti finanzieri meridionali.

E così, continuava Chiara, fu deciso di trasferire in tutta fretta i contestatori ad altra destinazione.

Non si sa se per pura insipienza o per volontà persecutoria nei confronti dei poveri malcapitati, ma la nuova sede indicata fu quella di Figazzo (oggi, Lieto Colle, frazione di Parè), ridente paesino dell’alta Lombardia.

Dalla padella alla brace: da Cazzone a Figazzo.

Solo col cambiamento del nome dei due paesi la questione fu finalmente risolta ed i bravi finanzieri si misero l’animo in pace.

Ma, almeno per quel che riguarda Cazzone, non tutto fu così facile, perchè (mi assicurava sempre Piero) in zona si costituì rapidamente un Comitato cittadino per il mantenimento al paese del nome originale e, subito, qualcuno propose il motto sotto il quale fu combattuta (purtroppo, invano) la battaglia.

Suonava così: “Cazzoni siamo e cazzoni resteremo”.

Per chiudere, considerato che Luigi Stadera è di Cazzago Brabbia, gli potrà, forse, far piacere sapere che Piero Chiara si arrovellò a lungo anche sulla necessità di cambiare il nome di quel bel paese di lago da cui, fra l’altro, proveniva, Amerigo Ponzellini, uno dei suoi migliori amici.

E fu proprio parlando con lui che, d’improvviso, ebbe una specie di illuminazione: “Ho trovato!” disse: “Chiamatelo Brabbiate Cazzo!”.

Mauro della Porta Raffo