Cortina di ferro, guerra fredda, caccia alle streghe, Joseph McCarthy e il maccartismo

Per gentile concessione dell’Autore e dell’Editore, pubblichiamo la prima parte del bellissimo intervento dell’ambasciatore Alberto Indelicato sui  temi di cui al titolo. L’intero testo è apparso sul numero 6/2013 della prestigiosa rivista  Nuova Storia Contemporanea. – MdPR

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Tre formule caratterizzarono il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale: ‘cortina di ferro’, ‘guerra fredda’ e ‘caccia alle streghe’.

La prima, che faceva parte del linguaggio propagandistico dei governi occidentali, fu lanciata il 5 marzo 1946 da Churchill nel discorso di Fulton, Missouri, (“Una cortina di ferro è scesa da Stettino a Trieste”), anche se era già stata usata durante la guerra dalla radio tedesca.

L’espressione ‘guerra fredda’ apparteneva al linguaggio politico sia dell’URSS e dei suoi satelliti che degli Stati Uniti e dei paesi occidentali, dal 1949  loro alleati nella Nato.

Naturalmente ognuno dei due schieramenti attribuiva quanto in essa vi era di negativo alla parte avversa, accusata di averla provocata e di fomentarla in vario modo: gli uni non solo con iniziative quali la soppressione delle libertà democratiche, l’instaurazione di dittature comuniste, la persecuzione degli avversari e dei ‘deviazionisti’ nell’Europa orientale, ma anche e principalmente con azioni in campo internazionale come il blocco di Berlino e più tardi l’aggressione della Corea del Sud; gli altri con attività propagandistiche radiofoniche, con il riarmo (o meglio il mancato disarmo) in Europa dopo il 1945, l’asserita persecuzione dei movimenti pacifisti e l’esclusione dei partiti comunisti dai governi di cui essi avevano fatto parte subito dopo la guerra (come in Francia ed in Italia).

L’espressione ‘cortina di ferro’, pur senza cadere in disuso, andò perdendo la sua importanza man mano che i paesi comunisti europei aprivano per ragioni economiche le loro frontiere ai turisti ed agli uomini d’affari, anche se non alle idee, occidentali, fenomeno che prese una certa ampiezza alla fine degli anni settanta e nel decennio successivo.

Ciò non significò peraltro che l’apertura valesse anche per i loro cittadini, ai quali continuava ad essere proibito di uscire dal ‘campo socialista’, in teoria anche qui per ragioni economiche e valutarie, in realtà per impedire un esodo di massa quale vi era stato sino ai primi mesi del 1946 ed in alcuni paesi, come la Cecoslovacchia, sino al 1948, o la Repubblica Democratica Tedesca sino al 1961.

E’ probabilmente più interessante l’espressione ‘caccia alle streghe’.

Göbbels, se fosse stato vivo, l’avrebbe giudicata geniale e probabilmente sarebbe morto d’invidia per non averla inventata lui.

Essa, infatti, in tre parole aveva una forza evocativa straordinaria.

La parola caccia richiamava un animale, magari debole e comunque indifeso, costretto a fuggire perché braccato da un persecutore senza pietà deciso a sopprimerlo senza una ragione se non quella della pura forza e della crudeltà.

Ed il perseguitato era accusato non soltanto di una colpa che non aveva commesso, ma di qualcosa d’inesistente, dato che le streghe non esistevano ed erano soltanto il prodotto del fanatismo, dell’ignoranza e della superstizione.

La formula riusciva così a condannare i pretesi persecutori e ad assolvere ed esaltare le pretese vittime.

La metafora trovò una rappresentazione inequivocabile e indubbiamente possente nel dramma di Arthur Miller ‘The crucible’ (‘Il mortaio’ o ‘Il crogiolo’).

In esso si poneva in evidenza il fanatismo e l’isteria del popolo della città di Salem, istigato dai cacciatori di pretese ‘streghe, povere donne accusate di malefici e destinate innocenti al rogo.

Il dramma apparve e fu rappresentato nel l953.

Negli otto anni precedenti negli stati dell’Europa Orientale occupati dall’Armata Rossa erano stati arrestati e condannati a morte migliaia di uomini politici antinazisti non comunisti: liberali, democratici e contadini.

Pochi erano riusciti a fuggire in Occidente.

Prima ancora della fine della seconda guerra mondiale, nel marzo 1945 (a Washington c’era ancora Franklin Delano Roosevelt), i capi non comunisti della resistenza polacca, invitati per negoziati a Mosca, erano spariti nel nulla.

Soltanto il 3 maggio Molotov aveva annunciato che erano stati arrestati per “attività ostile all’Armata Rossa”.

Furono processati, confessarono le colpe più incredibili e furono condannati a morte.

In Romania, in Ungheria, in Bulgaria furono dapprima i dirigenti liberali e democratici ed essere accusati e processati per crimini mai commessi.

I processi contro gli oppositori, conclusi spessissimo con condanne a morte o pene pesantissime di prigione, furono preceduti da campagne ‘popolari’ nelle fabbriche, negli uffici, nelle pubbliche piazze, sulla stampa, alla radio.

I cittadini chiedevano a gran voce pene esemplari per i ‘traditori’ ancor prima che questi fossero presentati ad una corte di giustizia.

Frequentemente gli accusati confessavano crimini completamente inverosimili: alto tradimento, intelligenza con stati occidentali, spionaggio.

Decine di migliaia di cittadini furono arrestati ed imprigionati o mandati in campi di concentramento senza alcuna parvenza di processo.

Ai ragazzi appartenenti a classi dichiarate antisociali, vale a dire alla borghesia, fu precluso l’accesso alle scuole superiori.

Dopo il 1948 furono arrestati e processati i membri in disgrazia degli stessi partiti comunisti che erano ormai al potere senza l’ingombro dei partiti ‘servili’ come i socialisti, costretti a fondersi con i primi o soppressi, ed i partiti contadini o ‘democratici antifascisti’.

Nel 1949 furono processati tra gli altri Rajk in Ungheria, Slánsky in Cecoslovacchia, Petkov in Bulgaria, Patrascanu in Romania.

In Polonia Gomulka fu arrestato ma mai processato.

Nell’URSS intanto era in pieno svolgimento la lotta contro il ‘sionismo’ ed il ‘cosmopolitismo’, culminata nel 1952 con gli arresti dei medici ebrei, accusati di aver ucciso alcuni alti dirigenti e di voler usare lo stesso trattamento a Stalin.

Anche in tutti questi casi la popolazione fu mobilitata perché in manifestazioni ‘spontanee’ chiedesse a gran voce la morte dei pretesi colpevoli, costretti spesso a confessare con la tortura psicologica ed anche fisica delitti mai commessi.

Il proverbiale marziano o più semplicemente un curioso che tra cinquant’anni dovesse chiedersi che cosa fosse la famosa ‘caccia alle streghe’ degli anni quaranta e cinquanta del ventesimo secolo riterrebbe evidente che si trattava di ciò che avveniva nell’Europa Centrale ed Orientale e resterebbe sbalordito nell’apprendere che essa invece aveva caratterizzato la vita quotidiana degli Stati Uniti, che avevano appena vinto una guerra su tre continenti per affermare la democrazia ed i diritti dell’uomo.

E con non minore meraviglia avrebbe saputo che anche in Occidente – compresi gli Stati Uniti – c’erano raffinati intellettuali, autorevoli giornali e partiti politici anche non comunisti (come il partito socialista italiano) che consideravano ‘legittimo’ ed anzi doveroso ciò che avveniva in Europa Orientale e scandalosa la “spietata caccia alle streghe” negli Stati Uniti.

E’ in questo completo rovesciamento della realtà che si ritrova uno degli aspetti della genialità della formula.

E’ vero che le streghe erano state bruciate a Salem nel Massachusetts, come rievocava Miller nel suo dramma, ma stati come la Romania, l’Ungheria, la Polonia e la Russia avevano precedenti ben più gravi e recenti a cui rifarsi: i pogrom antiebraici.

Un altro tratto di genialità consistette nell’associare la ‘caccia alle streghe’ al nome del senatore Joseph McCarthy, vale a dire a personalizzare una situazione estremamente complessa.

Non importava che l’uomo politico repubblicano fosse apparso relativamente tardi sulla scena dove si svolgeva quel ‘dramma americano’, a cui peraltro avevano già partecipato sia il potere esecutivo che quello legislativo…

Alberto Indelicato

Con dolore, nella riproposizione del testo di Indelicato, ci fermiamo qui!