Bidone (fuga)

Scappano.
Un gruppetto di ‘frilli’ o pressappoco.
I big lasciano fare.
Pensano:
“Li prendiamo senz’altro. Dove vanno?”
Il vantaggio aumenta.
Dietro si guardano.
Tiri tu?
Tiro io?
Non tira nessuno.
E quelli arrivano.
È questa la ‘fuga bidone’.
Quella che nessuno prende sul serio.
E che provoca risultati a sorpresa.
Imprevedibili.

Ciclismo, naturalmente.
Corse a tappe, soprattutto.

Non che nelle classiche in linea non sia mai successo e basti pensare all’inutile inseguimento operato da Fabian Cancellara alla Roubaix del 2011.
Riprese l’elvetico uno ad uno tutti componenti del gruppetto in fuga tranne, per un soffio, Johann Vansummeren che sopravvisse fino alla linea d’arrivo.
Era partito tardi il grande Fabian e non aveva considerato che tra i fuggitivi c’era uno che già si era illustrato su quelle strade arrivando quinto, uno da tenere maggiormente sotto tiro.

Guardando ai Giri, clamoroso quanto occorso nella ‘corsa rosa’ nel 1954.
Sesta tappa: Napoli/L’Aquila.
Scappano in cinque.
Pedalano a più non posso e arrivano con oltre mezz’ora di margine sui migliori.
Vince lo svizzero Carlo Clerici – un gregario di Hugo Koblet – e indossa la maglia rosa.
Correvano tutti.
C’erano Coppi, Magni, Bartali all’ultimo Giro…
Per quanto attaccassero e si dessero da fare, il ‘frillo’ tenne duro e vinse.

Meno importante per via dell’ambito (Tour de Suisse) quanto capitato nel 1997.
Un francese al secondo anno di professionismo.
Uno che praticamente non vincerà più niente in carriera: Christophe Agnolutto.
‘Fuga bidone’ alla seconda tappa e chi si è visto si è visto.

Avrete capito che il protagonista della sorpresa deve essere un corridore non solo inatteso ma anche dipoi incapace di confermarsi a grandi livelli.
Ecco perché non si può parlare di ‘fuga bidone’ nel Tour de France 1990.
Lo sconosciuto Claudio Chiappucci – coprotagonista di un lungo e fortunato attacco già nel secondo giorno – finisce per indossare qualche frazione dopo la maglia gialla di leader che, arrivando comunque secondo, perde solo a due tappe da Parigi.
Claudio era tutt’altro che un ‘frillo’ e lo dimostrerà nel prosieguo di una davvero brillante carriera.

Mauro della Porta Raffo