Amici

Arrivato che fu l’emigrante ascolano Felice Amici negli Stati Uniti pensò bene di registrarsi con un cognome che, letto dai locali, suonasse simile al suo.
Scelse così ‘Ameche’.
Ebbe il Nostro uno stuolo di figli e tra gli altri, nel 1908, Dominic Felix, familiarmente chiamato Don.
In scena dapprima, giovanissimo, nell’allora (anni Venti del Novecento) ancora in voga ma prossimo al declino vaudeville, Don Ameche passò ben presto al grande schermo raggiungendo una fama e un successo planetari.
A proprio agio nei ruoli brillanti della commedia hollywoodiana, va ricordato in particolare per l’interpretazione nel 1943 di ‘Il cielo può attendere’, uno dei grandi film a firma Ernst Lubitsch.
Trascorsi anni, decenni invero, in seconda linea – il ‘genere’ nel quale eccelleva non tirava più come prima e le parti significative erano poche -Don ebbe incredibilmente un fortunato finale di carriera.
Capitò, difatti, che nel 1983 John Landis lo scegliesse per una caratterizzazione di pregio seppur secondaria in ‘Una poltrona per due’.
Immediato il rilancio in ruoli appunto da caratterista.
Quasi immediata la conquista dell’Oscar come non protagonista per ‘Cocoon’.
Prima di andarsene nel 1993, ottantacinquenne, un altro grande successo (‘Il principe cerca moglie’) e una davvero intensa rappresentazione in un film (‘Le cose cambiano’) memorabile e dimenticato di David Mamet.
Sapete com’è, vero?
Gli accadimenti e le persone si ricordano per le più diverse ragioni.
Don Ameche è da sempre con me per via di mia madre.
Inattaccabile nelle proprie determinazioni come tutti i della Porta, Anna Maria, ogniqualvolta ne parlasse, pronunciava il suo cognome come fosse francese (l’aborrito inglese essendo la lingua usata dalle inferiori classi dedite al commercio).
Era, pertanto, ‘Don Amesc’ il Nostro ed impossibile in famiglia chiamarlo differentemente.
E stamattina – chissà perché rinvenendolo nella mia mente – è ‘Don Amesc’ che l’ho chiamato.
E come avrebbe potuto essere altrimenti?

Mauro della Porta Raffo